“Abbandonati alla Provvidenza”

Roma, 13 novembre 2018.

Lettera Circolare 29/2018

“Abbandonati alla Provvidenza”

Costituzioni, 231

Cari Padri, Fratelli, Seminaristi e Novizi:

Il mistero di Natale, che ci accingiamo a celebrare, ci mette dinanzi al mistero provvidenziale di Dio. Questo Pargolo che cerca un luogo per nascere e viene rifiutato perché non c’era posto per lui nell’albergo; Questo Bambino che trascorrerà la maggior parte della sua vita nel nascondimento della semplice vita d’una famiglia di Nazareth; questo Pargolo è il Verbo Incarnato “povero alla nascita, più povero in vita, poverissimo sulla Croce”. 

Questo Bambino è lo stesso Figlio di Dio che un dì, con ineffabile dolcezza, venne a parlarci di “quel Padre pieno di bontà che provvede ai passeri e ai gigli del campo, e che non abbandonerà coloro che a Lui con fiducia si rivolgono”.

Questo Bambino è l’Emmanuele, il Dio-con-noi che “all’inserirsi nella storia umana ci assicura che in essa si facciano presenti Dio e la Sua Provvidenza, il Suo amore, la Sua misericordia”.

Come tutti sapete, noi, come religiosi dell’Istituto del Verbo Incarnato siamo chiamati a vivere “abbandonati alla Divina Provvidenza”. Di fatto, tutto il diritto proprio è una manifestazione viva di come giungere alla pratica del santo abbandono alla Divina Provvidenza. Tutti sanno anche che l’avere una “visione provvidenziale sulla vita” fu ben indicato come uno degli elementi non negoziabili aggiunti al carisma nel V° Capitolo Generale e che, pertanto, non si tratta di un tema opzionale o minore, ma di grande importanza per la nostra vita religiosa individuale, come anche per la vita del nostro Istituto come un tutto. 

Perciò mi è parso conveniente scrivervi queste righe sulla nostra fiducia nella divina Provvidenza e alla luce del diritto proprio, desiderando che ci servano per approfondire il magnifico mistero di quel Bambino che benché così piccolo, con le sue manine regge l’universo intero. Quel bambino di cui S. Paolo dice che tutto fu creato per Lui e in vista di Lui.

1. Un modo particolare di dare gloria a Dio 

Parlare della Divina Provvidenza è parlare di Dio stesso, il quale, “come Padre onnipotente e saggio, è presente ed opera nel mondo, nella storia di ognuna delle proprie creature, affinché ogni creatura, e nello specifico, l’uomo, sua immagine, possa realizzare la propria vita come un cammino guidato dalla verità e dall’amore, di fronte alla vita eterna in Lui”. Detto in altre parole, parlare della Divina Provvidenza è parlare di Dio che cammina insieme all’uomo, come saggiamente diceva San Giovanni Paolo II.

Per questo nulla è più attuale del fatto che il Verbo si sia fatto carne e che ci abbia circondato con la Sua amorosa Provvidenza. Perché, parlando in assoluto, non vi è nulla più attuale di Dio, che non solo è il Creatore di quanto esiste, ma che lo conserva nell’essere e, ancor più, lo governa con la Sua Provvidenza.

Capiamo che tutta la nostra vita e la nostra stessa vocazione hanno la propria origine nei soavissimi disegni della Divina Provvidenza.

Le nostre Costituzioni, fin dalle prime linee, sono un inno che a viva voce dichiara che la nostra fede è salda in questo Dio “Signore e Padre di tutte le cose, principio e fine di tutte esse, [nel] suo Figlio Signore che si è incarnato, è morto e risuscitato per salvare tutti gli uomini, [nello] Spirito Santo che è Signore e datore di vita e che, a gloria della Santissima Trinità, manifesta maggiormente il Verbo Incarnato e onore della Chiesa fondata da Cristo, che “rimane nella Chiesa Cattolica governata dal successore di Pietro e dai vescovi in comunione con lui”. 

Orbene, la saldezza della nostra fede in questa enorme verità su Dio – che con volto sereno e salda mano guida la nostra storia– si manifesta specialmente attraverso la fiducia senza limiti nella Sua Provvidenza. Essendo atti inseparabili il credere in Dio e nella sua Provvidenza. 

Per questo, il diritto proprio ci dà quest’istruzione magistrale: “Un modo particolare di dare gloria a Dio è confidare senza limiti nella Sua Provvidenza, basati nel suo disegno di salvezza, che si manifesta in modo eminentissimo nell’Incarnazione. Dobbiamo imparare a vedere tutto come proveniente da Colui che non si dimentica di un passerotto… e che tiene contati tutti i capelli del nostro capo. Per questo, S. Paolo insegna che Dio dispone tutte le cose per il bene di coloro che lo amano”.

E con paterna attenzione il Direttorio di Spiritualità ci spiega parte per parte questo insegnamento dell’Apostolo, che vuol dire: 

– “Al dire tutte le cose, non eccettua niente. Pertanto, qui sono inclusi tutti gli eventi, prosperi o avversi, ciò che riguarda il bene dell’anima, i beni di fortuna, la reputazione, tutte le condizioni di vita umana (famiglia, studio, talenti, etc.), tutti gli stati interiori in cui ci troviamo (gioia, allegrie, privazioni, aridità, disgusti, tedi, tentazioni, ecc…), fino agli errori e agli stessi peccati. Tutto, assolutamente tutto”. 

Con questa filiale fiducia in Dio Provvidente, Sant’ Isacco Jogues, martire in America del Nord, scriveva ad un confratello: “benché sia estremamente miserabile e abbia fatto cattivo uso delle grazie concessemi dal Signore in questo paese, non mi perdo d’animo. Lui si fa carico di aiutarmi ad essere migliore, e tuttavia mi fornisce opportunità per migliorare me stesso e unirmi inseparabilmente a Lui. […] La mia speranza è in Dio, il Quale non ha certo bisogno delle mie industrie per compiere i suoi disegni. Tutto ciò che dobbiamo fare è essergli fedeli e non rovinare il Suo lavoro con le nostre proprie miserie”. 

San Pier Giuliano Eymard arriva anche a dire che “gli stati spirituali dell’anima sono sempre oggetto di direzione della Divina Provvidenza, visto che sono questi a costituire la condizione indispensabile della santificazione”. 

Anche per questo Don Orione scrive a un sacerdote che soffriva per aver perso sua madre: “non lasciarti turbare dai dolori della vita presente e da queste ben penose prove e tribolazioni, poiché sai che noi, seguaci di Gesù Crocifisso, siamo destinati a questo: alla corona per mezzo della croce, giacché sta scritto: è necessario passare per molte tribolazioni per entrare nel Regno di Dio.  L’afflizione è momentanea e permessa da Dio per la nostra purificazione ed elevazione a Lui: questa ci prepara sempre un maggiore e incalcolabile grado di gloria, e ci orienta l’animo non alle cose o persone che si vedono; poiché S. Paolo dice: ciò che si vede è transitorio, ciò che non si vede è eterno”.

“Al dire si dispongono per il bene, si intende che cooperano, contribuiscono, capitano per il nostro bene spirituale. Questa visione bisogna avere, e non quella del carnale, o del mondano. Occorre vedere tutto alla luce degli amorevoli disegni della Divina Provvidenza di Dio, che soltanto l’uomo spirituale scopre: lo spirituale giudica ogni cosa. Dobbiamo credere con fermezza indistruttibile che anche gli eventi più avversi e opposti alle nostre mire naturali, sono da Dio ordinati al nostro bene, sebbene non comprendiamo i Suoi disegni e ignoriamo il termine al quale vuol farci giungere”. 

È in questo senso che S. Giovanni della Croce saggiamente consigliava una monaca che si lamentava per un insuccesso: “Avendo Sua Maestà così disposto, è ciò che conviene a tutti; resta solo da applicarvi la volontà, affinché, così com’è vero, così sembri a noi; perché le cose che non danno gusto, per buone e convenienti che siano, sembrano cattive e avverse”.

Nel 1848 il Beato John Henry Newman sperimentò molti insuccessi ed incomprensioni, tempo in cui scrisse un’assai bella riflessione che ci lascia intravedere questa provvidenziale visione sulla vita, da tenere in ogni momento, ma specie nelle avversità, per non perdere la bussola. Cito qui un estratto: “Dio mi ha creato per compiere un determinato servizio. Ha affidato il lavoro a me, non ad un altro. Ho una missione. Forse non lo saprò in questa vita, ma me lo diranno nell’altra. In qualche modo sono necessario al suo scopo, così necessario nel mio posto come un arcangelo nel suo e, se fossi inadatto, Egli può suscitare un altro, visto che può, dalle pietre, far sorgere figli di Abramo. Senza dubbio faccio parte di questa grande impresa. Sono un anello della catena, un vincolo di connessione fra persone. Non mi ha creato per nulla. Farò il bene, farò il suo lavoro. Sarò un angelo di pace, un predicatore della verità al mio posto, senza pretendere altro quando avrò salvaguardato i suoi comandamenti e servito nella mia vocazione. Pertanto, confiderò in Lui, ovunque mi trovi, mai potrò esser gettato via. Se sono infermo, la mia infermità può servirgli; se perplesso, la mia perplessità può servirgli. Se sono nel dolore, il mio dolore può servirgli. La mia infermità, o perplessità, o dolore, possono essere cause necessarie per qualche gran fine, che è molto oltre noi. Dio non fa cose in vano. Può prolungare o accorciare la mia vita, Egli sa quel che fa. Può togliermi gli amici e può gettarmi fra estranei. Può farmi sentire desolato, affondare il mio spirito, occultarmi il futuro; ebbene sì, Egli sa quel che fa. […] Oh Emmanuele, Oh Sapienza, mi affido a Te. Confido interamente in Te. Degnati di compiere i tuoi alti fini in me, qualsiasi essi siano. Sono nato per servirti, per essere Tuo, per essere Tuo strumento. Fammi essere uno strumento cieco. Non ti chiedo di vedere, non ti chiedo di sapere, ti chiedo semplicemente di essere usato”.

– Prosegue il diritto proprio: “Però, da parte nostra, dobbiamo trovarci in condizione che sia così. Perciò aggiunge, per quelli che amano Dio, vale a dire quelli la cui volontà è unita e sottomessa a quella di Dio, che cerchino soprattutto gli interessi e la gloria di Dio, che siano disposti a sacrificare tutto senza riserve, persuasi che nulla è così vantaggioso come l’abbandonarsi nelle mani di Dio, in tutto ciò che gli piaccia ordinare, come Gesù ci ha fatto capire: se qualcuno mi serve, il Padre lo onorerà. Egli solo conosce tutto, anche l’anima nostra, sentimenti, carattere, i segreti che come molle ci lanciano al Cielo, gli effetti che certe cose produrranno in noi, ha a Sua disposizione ogni mezzo. Se amiamo Dio, è impossibile che nel mondo esista qualcosa che non concorra e contribuisca al nostro bene”

Pertanto diceva San Francesco di Sales: “Siano salde nel fidarsi della Provvidenza di Dio, la quale, se ci prepara croci, ci darà la forza per sostenerle. […] Non abbiano fretta di incontrare le avversità di questa vita; vi si preparino con perfetta speranza in modo tale che, a misura che arrivano, Dio, al quale sottostanno, le libererà da quelle. Egli le ha protette fin’ora; si aggrappino bene alla mano della Sua Provvidenza ed Egli le assisterà in ogni occasione e, se non possono camminare, le sosterrà Lui. Cosa temono, essendo tutte di Dio, il quale ci ha assicurato che tutto sarà per il bene di quelli che lo amano? Non pensino a cosa succederà domani, poiché lo stesso Eterno Padre, che oggi vi cura, lo farà oggi e sempre: non vi darà alcun male e, se ve li lascia, vi donerà forza invincibile per sopportarli”.

Per questo, il diritto proprio ce lo indica chiaramente e fermamente: “devono essere uomini soprannaturali”. In modo tale da elevare l’anima ai piani soprannaturali di Dio tanto nell’individuale come in ciò che riguarda la vita dell’Istituto, la situazione della Chiesa, la nostra missione in particolare, lo stato della nostra anima, ecc…  Per cui ci vuole una fede robusta e stabile nella Divina Provvidenza, che mai manca, come diceva San Benedetto Cottolengo ai suoi. Ci serve una “fede viva, ferma, intrepida, eminente, eroica; una fede convinta che Dio non sarebbe Dio se fossimo capaci di circoscriverlo con la nostra limitata intelligenza, se comprendessimo tutti i suoi giudizi e sentieri”. 

San Pier Giuliano Eymard dava ai suoi il seguente avviso, che mi sembra possiamo molto ben applicare a noi stessi – sia che fossimo in case di formazione che dopo anni di missione–: “la Divina Provvidenza sistema tutti gli eventi del tempo e tutte le circostanze intorno all’anima amata, come se fosse al centro del movimento celeste e terrestre, affinché tutto la aiuti a conseguire il proprio fine soprannaturale. […] La Divina Provvidenza non solo dispone delle creature che devono stimolare in noi la virtù nel corso della nostra vita, ma che anche determina, per sua grande misericordia con l’anima, lo stato del corpo, se infermo o sano, e tiene tracciato il piano con cui quotidianamente dobbiamo glorificarlo. […] Gli stati naturali dell’anima sono ugualmente regolati conformemente alle grazie che Dio concederà e alle opere che ci chiederà”. 

Come religiosi e come missionari è assai importante che ce lo scolpiamo nell’anima. Torno a dirlo con altre parole: persuadiamoci che tutto ciò che Dio dispone per noi è necessariamente ed invariabilmente per il nostro bene ed è, in definitiva, il meglio che ci possa accadere. Dobbiamo “aggiustare la mente” e saper vedere in tutte le circostanze che girano intorno a noi, un mezzo per santificarci. San Tommaso, magistralmente, ce ne dà la ragione: perché “così come non può esistere nulla che non sia stato creato da Dio, ugualmente non vi è nulla che non sia sottomesso al Suo governo”. Tutta la creazione è, come uno strumento, in mano a Dio: non c’è effetto, nell’ordine creato, che possa scappare alla causalità della Prima Causa universale che è Dio.  

Quindi, nessuna vana illusione: “per entrare nel Regno dei Cieli si devono avere sentimenti grandi, immensi, universali; ma è necessario contentarsi delle piccole cose, con la volontà di Dio che si manifesta nel fuggevole istante presente, con le allegrie quotidiane offerte dalla Provvidenza; ed è anche necessario fare di ogni lavoro, benché nascosto e modesto, un’opera maestra di amore e perfezione”.

2. Tentazioni contro la fiducia nella Divina Provvidenza

Naturalmente, il nemico della nostra anima cercherà di allontanarci dal fiducioso abbandono alla guida provvidente di Nostro Signore. La gran tentazione dei missionari è infatti quella di smettere di confidare nella Provvidenza di Dio. Questa tentazione può rivestire diverse forme, a seconda del nostro lato debole. Alcuni cadono nella tentazione di pensare che “confidare nella Provvidenza sia imprudenza”, e così si astengono e si scusano dall’intraprendere opere apostoliche semplicemente perché temono indietreggiando per le difficoltà e le spese che si devono realizzare. Altri accamperanno una “falsa necessità di sicurezze materiali” e abbandoneranno la Divina Provvidenza come pietra fondamentale dell’opere, mettendosi non poche volte in pericolo di terminare essendo tributari allo Stato. Può darsi che esista qualcuno che “per l’albero delle difficoltà perda di vista il bosco delle cose che stanno bene”, e desiderino abbandonare ciò che hanno iniziato dimenticandosi che le nostre Costituzioni ci comandano di “lavorare nei luoghi più difficili e con le condizioni più avverse”. Possono esserci altri che, come diceva S. Vincenzo de’ Paoli, “soffrono con grande impazienza le proprie afflizioni e molestie, e questo è un gran male. Altri si lasciano andare a molti desideri di cambiare destinazione, per andare di qua o di là, in quella Casa, in quella Provincia, col pretesto di cambiare aria… E perché? Sono uomini attaccati a sé stessi, spiriti all’acqua di rose, persone che nulla amano soffrire, come se le infermità corporali fossero un male da evitare ad ogni costo. Fuggire dallo stato in cui il Signore ci vuole, è fuggire dalla propria felicità”. 

Siamo certi di questo: “Dio è infinitamente grande, Dio è infinitamente potente, e sta in ogni dove. E la sua provvidenza si manifesta in Cielo, in terra e in ogni luogo. Non c’è luogo sulla terra nel quale la Provvidenza amorosa di Dio non operi: nelle selve più intricate, nei deserti più inospitali, con freddo glaciale o sotto un caldo torrido, nelle steppe o sulle alte montagne, nei mari agitati o nei mari pacifici, nelle megapoli o in villaggi più che primitivi, in mezzo alle guerre e in mezzo alla pace, dove c’è carenza di tutto e dove c’è il superfluo, in tutte le culture, in tutte le lingue, in tutte le etnie… Dio è sempre Padre! È Padre infinitamente buono con tutti! Quanto di più con i suoi apostoli missionari!”.

I santi di tutti i tempi lo intesero così. Come si spiegherebbe, allora, che San Junípero Serra, a 56 anni e con la sola esperienza di professore di teologia, si imbarcò in una missione che pareva impossibile: quella dell’evangelizzazione dei popoli del Nuovo Mondo? Solo lui fondò 9 delle 15 missioni che oggi danno nomi a città della California. Asmatico e con una ferita da piaga alla gamba che gli causò fastidi negli ultimi 15 anni di vita, camminò per oltre 38.000 km, lottando spesso contro freddo e fame. Senza dubbio, era capace di dire: “Sempre avanti, mai indietro”. Perché? Semplicemente perché confidava fermamente in Colui che disse: Cercate prima il Regno dei Cieli e il resto vi sarà dato in aggiunta. È questo lo spirito di fiducia che dobbiamo avere anche noi per saper operare come Dio vuole che facciamo nelle circostanze disposte dalla Sua Provvidenza, con la grazia che Egli stesso ci concede per questo. 

Per questo, lo specifico di ogni membro dell’Istituto del Verbo Incarnato è l’illimitata fiducia nella divina Provvidenza. La nostra stessa vita deve essere un culto alla divina Provvidenza. Il quale non vuol dire adottare un atteggiamento totalmente passivo che speri che le soluzioni nascano dal nulla o che i beni materiali piovano dal Cielo, o che le anime bussino alla porta. Non dobbiamo cadere in un falso quietismo che distorca la nostra necessaria e libera cooperazione con la Provvidenza e con la grazia. No. Come diceva Sant’ Ignazio di Loyola: “Pregate come se tutto dipendesse da Dio e lavorate come se tutto dipendesse da voi”. Senza essere mai tributari, vale a dire senza subordinarsi indebitamente ai poteri temporali, alle mode culturali, allo spirito del mondo, come se fossero il fine ultimo al posto di Dio. Al contrario, il nostro è un vivere “in pienezza la regalità e la signoria cristiana e sacerdotale”. 

Rendiamocene conto: Il Verbo Incarnato è nostro! Sì, senza esagerazioni, è nostro! Ce lo dice Lui stesso per bocca del gran dottore della Chiesa, S. Giovanni d’Avila: “Io (sono) vostro Padre per essere Dio, Io vostro fratello primogenito per essere uomo. Io la vostra paga e il vostro riscatto, temete debiti se con la penitenza e la Confessione chiedete di esser liberi da essi? Io la vostra riconciliazione, temete l’ira? Io il vincolo della vostra amicizia, temete l’ira di Dio? Io vostro difensore, temete contrasti? Io il vostro amico, temete che vi manchi quanto ho, se non vi allontanate da me? Vostro è il mio Corpo e il mio Sangue, temete la fame? Vostro è il mio cuore, temete il dimenticarmene? Vostra è la mia divinità, temete miserie? E in più, sono vostri i miei angeli; vostri i miei santi per chiedere per voi; vostra la mia benedetta Madre, per esser a voi madre amorevole e pietosa; vostra la Terra perché in essa mi serviate, vostro il Cielo, poiché ad esso giungerete; vostri i dèmoni e gli inferni, perché li schiaccerete come schiavi da carcere; vostra la vita poiché con essa guadagniate ciò che mai finisce; vostri gli onesti piaceri, poiché a Me li riferite; vostre le pene, poiché le soffrite per amor mio e profitto vostro; vostre le tentazioni, perché sono merito e causa della vostra eterna corona; vostra è la morte, poiché sarà il transito più vicino alla Vita. E tutto ciò lo tenete in Me e per Me; poiché l’ho guadagnato non solo per me, né voglio godermelo da solo; poiché quando presi per compagna una carne come voi, la presi per farvi partecipi di ciò a cui io avrei lavorato, digiunato, mangiato, sudato e pianto, e nei miei dolori e morti, se per voi non rimane. Non siete poveri, avete tanta ricchezza, a meno che la perdiate consapevolmente con la vostra mala vita!”. 

Pertanto, ognuno di noi in ogni circostanza particolare della vita e dovunque egli sia, deve respingere ogni indebita sollecitudine e mettersi nelle mani della provvidenza del Padre celeste. Andiamo sempre con piena fiducia a Gesù Cristo in cerca della grazia e di tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Perché “la misura della Divina Provvidenza su di noi”, ha detto San Francesco di Sales, “è la fiducia che abbiamo in essa.” 

3. Dio Padre si prende cura di noi

Notate che a maggior incentivo della nostra speranza, nostro Signore ci fa costantemente verificare la sua ineffabile attenzione paterna su tutta la nostra amata Famiglia religiosa con le innumerevoli benedizioni che Egli pone nelle nostre mani. Ciò non è solo molto confortante, ma anche una fonte indescrivibile di pace, serenità, di sicurezza e pertanto di gioia e allegria per le nostre anime. Tutte queste benedizioni sono collegate una ad una e ci ripetono ad alta voce: vivi dipendendo dalla Divina Provvidenza.

La nostra stessa storia come Famiglia Religiosa è un inno alla Divina Provvidenza. Come non guardare stupiti la provvidenza ammirevole che Dio ha suscitato nel nostro bel carisma proprio in questo momento in cui la negazione dell’Incarnazione è una realtà palpabile e dolorosa. Anche lo stesso giorno in cui siamo nati come Istituto il 25 marzo, giorno in cui S. Giovanni Paolo II° consacrò il mondo al Cuore Immacolato di Maria, è stato voluto dalla Divina Provvidenza. Fu anche amorevole disegno della Provvidenza che durante i primi anni non abbiamo avuto molte fondazioni in Argentina, cosa che ci ha permesso di fondare in molti altri paesi, che ad oggi arrivano a 41. È stato inoltre un divino regalo l’aver avuto il Ramo femminile, i fratelli religiosi, un ramo contemplativo (che questo Natale celebrerà il suo trentesimo anniversario di fondazione); che la Procura Generale si trasferisca a Roma; che ci abbiano affidato una delle 8 Missio sui Iuris della Chiesa nel mondo; l’aver conosciuto Sr. Rosa Goglia, segretaria di P. Cornelio Fabro, la quale ci avrebbe lasciato custodia e diffusione le sue opere. È innegabile, inoltre, che è stato per gli insondabili disegni di Dio che abbiamo iniziato molte delle nostre opere: Il Baccellierato Umanista, le Piccole Case di carità, e a dire il vero, ognuna delle nostre missioni, delle nostre case di formazione, costruire chiese, ecc.. E che dire dell’aiuto tangibile che ci ha dato nel sostenere tutte queste? Potremmo continuare con una interminabile litania di eventi, di persone, di circostanze, in breve, di grazie celesti che ci fanno realizzare ancora e ancora che Dio è nostro Padre e che si prende cura di noi.

Ma notiamo che anche le prove, le difficoltà, gli attacchi spesso senza senso, dolorose, inspiegabili e anche ingiuste esperienze, quanto bene hanno portato al nostro Istituto, quante benedizioni. Quale espansione missionaria abbiamo avuto in così poco tempo, il che sarebbe impossibile se non avessimo avuto queste prove, queste difficoltà! Impossibile! Perché come dice sant’Agostino: se non ci fossero mali, mancherebbero molti beni. In tutta verità, possiamo dire che la Divina Provvidenza ci riempie dei beni migliori, delle grazie più squisite, specialmente quando siamo nel mezzo delle croci, come abbiamo sperimentato tante volte.

Come non vedere la condiscendenza paterna di Dio che in tutte queste situazioni ci dice che ciò che è di Dio non può essere distrutto da alcun uomo né da tutti gli uomini insieme? E rappacifica le nostre anime assicurandoci una e un’altra volta che Egli sventa i disegni degli astuti, sicché le loro mani non giungono a eseguirli; prende gli abili nella loro astuzia, sicché il consiglio degli scaltri va in rovina.

E così, la nostra famiglia religiosa, essendo tanto piccola come il giovane David nella Valle del Terebinto e la nostra forza tanto sproporzionata rispetto alle potenze dell’aria , è andata sempre avanti spinta dalla Divina Provvidenza. Ciò sarà sempre possibile, se da parte nostra vi sarà sollecitudine unicamente per il Regno dei Cieli e per le opere che portano ad esso, e vi sia in noi che ferma fiducia nella verità della Scrittura che ci assicura che gli occhi del Signore vegliano su quelli che lo temono, su quelli che sperano nella sua misericordia.

Perciò è assai conveniente riporre nell’anima una fiducia incrollabile in Dio nostro Signore. Dio dall’eternità ha già deciso il momento in cui le diverse contraddizioni che ci causano dolore siano risolte perché nella sua scienza infinita conosce tutto. Egli fa che determinati mezzi ci facciano raggiungere determinati fini, e questa è la Provvidenza di Dio, alla quale nulla sfugge; e quindi dobbiamo avere la certezza assoluta che colui che ha iniziato la buona opera in noi, lo porterà ad una felice conclusione. “Tutto è breve”, dice San Juan de la Cruz, “che tutto è alzare il coltello e poi Isacco rimane vivo, con la promessa del figlio moltiplicato”.

Nati quindi dalla sua bontà, guidati dalla sua mano provvidente e sostenuti dal suo braccio forte ognuno di noi può dire che nel nostro Istituto che nulla possiede, nulla è mancato, niente del necessario per la vita, e, ancor più, ci è stato dato molto più di quanto le nostre aspettative umane potessero aspettarsi. Al punto che anche noi possiamo dire con Don Orione: “chi fa tutto è la Divina Provvidenza.” Bene, con l’aiuto di questa amorevole Divina Provvidenza e anche in mezzo a grandi tribolazioni, abbiamo potuto fondare le missioni e le case religiose e fornirle del necessario, sebbene con mezzi molto modesti. Inoltre, molti di noi hanno studiato, compresi gli studi universitari e post-universitari; altri hanno imparato arti e uffici, senza che gli mancasse nulla per le loro necessità e per la vita stessa. Inoltre, come Dio “guidi il corso del tempo con ammirevole Provvidenza e rinnovi la faccia della terra”, abbiamo potuto inviare missionari in paesi in cui il lavoro missionario, per vari motivi, comporta una sfida più grande: Siria, la Striscia di Gaza, le Isole Salomon, Islanda, Cina, ecc. Come non rendersi conto della cura e dell’amore provvidente di Dio nel fatto che l’opera apostolica dell’Istituto non si arresta, ma, per grazia di Dio, prosegue e s’ingrandisce, provvedendoci, la stessa Divina Provvidenza, non solo i mezzi per eseguirla ma anche manifestandosi palesemente nel coordinamento delle diverse circostanze per realizzare tale lavoro.

Tutto questo, e tanto più sarebbe da dire; Dio l’ha fatto, la Divina Provvidenza! Come non riconoscere gli amorevoli segni paterni di Dio in tutte le opere dell’Istituto! Non possiamo essere indifferenti ma dobbiamo corrispondere alla grazia di Dio e per tanto, sentire come un ago nell’anima il dolce dovere di distinguerci nel vivere “abbandonati alla Divina Provvidenza”. Questa è e deve essere sempre l’attitudine di abbandono che deve regnare tra i nostri membri e che dobbiamo trasmettere alle generazioni future. Questo è lo spirito che ci è stato lasciato in eredità. Insisto: il nostro è vivere appesi alla Divina Provvidenza, piamente abbandonati alle sue braccia, perché il nostro “è un particolare stile di santificazione e di apostolato”, è la follia della croce , come ci insegnò e praticò lo stesso Verbo incarnato.

Impregnati di questo santo abbandono nel nostro Dio, che è Padre Provvidente, per il gran bene che ci attende, affrontiamo ogni sacrificio, ci rallegriamo in ogni tribolazione, desideriamo ogni croce, fioriamo in iniziative apostoliche di grande importanza e ci impegniamo per moltiplicare l’Incarnazione nei cuori degli uomini sapendo approfittare delle stesse opportunità che la Provvidenza ci offre. Se Dio moltiplica i doni in noi, noi moltiplichiamo le nostre forze, i nostri sacrifici per Dio, le nostre attività per il bene delle anime. Perché Dio non si lascia vincere in generosità.

Distanziarci un po’ dalla fiducia dovuta nella Divina Provvidenza significa esporci alla sterilità

​Mai l’ingiustizia degli uomini, l’avversità delle circostanze, le nostre miserie o quelle degli altri, le “contraddizioni del bene”, i fallimenti, i tempi duri che ci toccano, o la mancanza di mezzi indeboliscano la nostra piena fiducia nella bontà di Dio o offuschino in qualcosa lo zelo per la missione e la santificazione personale.

Sant’Alberto Hurtado diceva: “Nella vita non ci sono difficoltà, ci sono solo circostanze. Dio conduce tutto e tutto conduce bene. Dobbiamo solo abbandonarci e servire in ogni momento secondo il possibile.” Tale deve essere il nostro atteggiamento.

A noi interessa essere uomini di “grandi opere, [di] imprese straordinarie” nate da una grande carità a imitazione del Verbo Incarnato, realizzate con prudente discernimento e sostenute fermamente dalla Divina Provvidenza.

Agendo secondo quello che Don Orione scrisse a uno dei suoi sacerdoti: “Non voglio statue nella congregazione, ma gente viva e che vada avanti, guardando in alto, a Dio! Dal quale tutto dipende e dal quale vengono a noi tutti i doni e l’aiuto. Vivere significa espandersi: chi non produce, perde: chi non avanza, retrocede”.

In tutte le nostre opere e in ogni aspetto della nostra vita, anche riguardo l’intero Istituto, non dimentichiamoci “il dominio e la provvidenza materna che Maria ha su tutte le cose”, e confidiamo molto in lei. Il nostro Istituto che è onorato di averla come Regina è un dono del suo Cuore Immacolato e riposa sotto il manto del suo preveniente amore materno. Il Verbo Incarnato ce lo ricorda quando ci dice: “vostra [è] la mia Madre benedetta per essere la vostra Madre attenta e pia.” Abbiamo quindi grande fede in Dio, nella sua Divina Provvidenza, e abbiamo piena fiducia nella bontà materna e nell’assistenza della Beata Vergine che non dimentica i nostri impegni; preoccupiamoci di vivere ogni giorno secondo lo spirito e le Costituzioni del nostro Istituto, in cui ci ha condotto la mano di Dio, nella sua misericordiosa provvidenza.

Oggi e sempre ci aspettiamo tutto dalla sua Divina Provvidenza, come Cristo stesso ci incoraggia dicendo: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede, riceve; chi cerca, trova e a chi bussa, sarà. Quale padre tra voi che, quando il figlio gli chiede del pane, gli darà una pietra? O quando chiede del pesce, gli darà un serpente? O quando chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se dunque voi che siete malvagi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il vostro Padre celeste darà cose buone ai figli che gliele chiedono!

Infine, andiamo avanti con animo contento e con spirito fiducioso, dicendo con San Pier Giuliano Eymard: “Dio mi ama, dispone tutte le mie vie secondo la sua bontà; tutto ordina nella mia vita per un bene maggiore. Posso di conseguenza essere sicuro che quanto mi capita procederà dalla mano di Dio, dalla sua bontà, nello stesso modo che si tratti di gioia o di dolore nel suo santo servizio, di consolazioni come di desolazioni, di felice esito o di fallimento in una impresa, di salute come di malattia. Siccome è la Divina Provvidenza che dirige la mia navicella, dà il vento alla vela e produce la bonaccia e la tempesta, il mio dovere è quello di confidare nel pilota Divino, che mi condurrà in un modo sicuro al porto della patria celeste”. E con questa stessa visione provvidenziale possiamo riconoscere i disegni misericordiosi di Dio sul nostro Istituto.

Confidiamo sempre in Dio. Che se Dio risponderà con la sua Divina Provvidenza alla fiducia ordinaria, come tante volte ne abbiamo avuto prova, Egli provvederà straordinariamente a coloro che straordinariamente si affidano, come ben diceva San Benedetto Cottolengo.

La semplice e allo stesso tempo magnifica dolcezza della solennità della nascita del Verbo Incarnato, ci mostra la verità sulla Provvidenza di Dio. La verità di questo Dio che scese dal Cielo per camminare insieme agli uomini.

Che questa stessa Provvidenza che si manifesta soavissima e con una tenerezza ineffabile nel Bambino che giace nella mangiatoia, tutto disponga affinché regni la pace e la gioia nelle nostre anime e in ciascuna delle nostre comunità.

A tutti un Avvento spiritualmente assai fruttuoso.

In Cristo, il Verbo Incarnato e la sua Santissima Madre,

P. Gustavo Nieto, IVE

Superior General

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