Sull’urgenza della pastorale delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata

1 marzo 2017

Lettera Circolare 8/2017

Sull’urgenza della pastorale delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata

Cari Padri, Fratelli e Seminaristi,

A pochi giorni dalla celebrazione del sacrosanto mistero dell’Incarnazione del Verbo nel seno purissimo della Santissima Vergine Maria, voglio salutare tutti nuevamente con grandissimo affetto.

È sempre di molto profitto e dolce alle nostre anime contemplare con profondità il meraviglioso avvenimento dove si trova ancorata la nostra spiritualità, cioè, il magnifico fatto per cui il Verbo si fece carne (Gv 1, 14)

Dunque, “se siamo religiosi è per imitare il Verbo Incarnato casto, povero, obbediente e figlio di Maria”. Ed è in Lui che ci vogliamo fondare  e a cui “vogliamo amare e servire, e fare amare e far servire” ed è per Lui che ci imbarchiamo nella meravigliosa avventura dell’evangelizzazione della cultura. 

Poi dal fatto che la nostra spiritualità “vuole essere del Verbo Incarnato” ne deriva anche che trovi nella Vergine Santissima il modello più perfetto dove gettarci senza riserva per “essere formati e modellati in Gesù Cristo, e Gesù Cristo in noi”. Essa è il modello dell’amore sposalizio e della maternità spirituale che deve caratterizzare “tutti quelli che [siano] associati alla missione apostolica della Chiesa”. 

Contemplando la Madre di Dio, vediamo come la “verginità si converte in fecondità unica per mezzo del potere dello Spirito della fede” poiché fruttificò non solo spiritualmente, ma in una generazione fisica: il Verbo fatto carne. Analogamente, noi – sacerdoti e religiosi – possiamo affermare che la verginità e il celibato non sono opposti all’amore, e nemmeno opposti alla generazione. Piuttosto, “la verginità, seguendo l’esempio della Vergine di Nazaret, è fonte di una speciale fecondità spirituale: è fonte della maternità [o in questo caso, della paternità] nello Spirito Santo”.

È per questo che in occasione della celebrazione della Solennità del Verbo Incarnato nella quale commemoriamo la squisita fecondità della verginità di Maria Santissima, vi invio questa circolare sulla nostra fecondità spirituale, enfatizzando in maniera particolare che è un “elemento integrante della nostra spiritualità, il saper chiamare, insegnare, dirigere, accompagnare e selezionare le vocazioni” e che queste sono il frutto migliore della nostra consacrazione a Dio e la gioia più grande della nostra vita. Ancora di più, è “intrinseco al fine dell’evangelizzazione della cultura e al carisma dell’Istituto la pastorale delle vocazioni, poiché i consigli evangelici sono parte integrante del messaggio della salvezza”.  Per questo, risulta di capitale importanza il prendere coscienza della nostra “responsabilità di collaborare, mediante la preghiera perseverante e l’azione unanime, alla promozione delle vocazioni”.

1. La generazione spirituale: una responsabilità

Il nostro San Giovanni Paolo II diceva “Una comunità senza vocazioni è come una famiglia senza figli”. 

Tutti e ciascuno dei sacerdoti e religiosi sono chiamati alla fecondità spirituale.

Il Venerabile Servo di Dio Monsignor Fulton Sheen (1895 – 1979) lo esprimeva in una forma molto bella dicendo: “Un sacerdote non può vivere senza amore… Se deve generare anime e se lui deve essere un ‘padre’ generando altri in Cristo, deve avere amore. Quell’amore è uguale a quello di Maria; il fuoco e la passione dello Spirito Santo lo coprono con la loro ombra. E così come in Lei si unirono la verginità e la maternità, così nel sacerdote deve esserci unità di verginità e paternità. Ciò non è sterilità, ma fecondità, non è assenza di amore, ma la sua estasi”. 

Perciò, quel siate fecondi e moltiplicatevi della Genesi, non è riservato solo alla generazione biologica, ma si applica anche alla vita sacerdotale. “la vita genera vita”. Allora, se il sacerdote è vero Padre deve generare vita poiché ha vita. Deve generare figli. Se non genera figli è come il fico sterile del vangelo o come i tralci separati dalla vite, che non danno frutto e servono solo per il fuoco” (cfr. Mt 7, 19; 21, 19; Gv 15, 6).

Tutti noi sacerdoti partecipiamo della paternità divina, cioè, siamo padri “per Lui, con Lui e in Lui” e siamo chiamati a dare testimonianza della paternità di Dio a ogni uomo. Dunque, “se il sacerdote è padre” – il Ven. Fulton Sheen interpellava i suoi fratelli nel sacerdozio – “Dio potrebbe perfettamente domandarci: ‘dove sta la tua discendenza?’ Ovviamente, solo il vescovo ha il potere di consacrare un sacerdote, ma ogni sacerdote ha il potere e l’obbligo di fomentare vocazioni. […] Quando ci presenteremo davanti al Signore per essere giudicati sull’uso del crisma con il quale furono unte le nostre mani, Lui ci domanderà se avremo prolungato il nostro sacerdozio. […] Quale giovane sacerdote o religioso proclamerà allora la nostra fecondità? […] Con le nostre visite alle famiglie quante vocazioni di giovani nobili abbiamo incoraggiato? Quanti esercizi spirituali per giovani che si sentivano attratti al sacerdozio o alla vita religiosa abbiamo diretto?”.  

Il Papa Pio XII nella sua Esortazione Apostolica Menti Nostrae (sulla santità della vita sacerdotale) raccomandava con forza ai Pastori di anime, affinché non avessero “niente di più caro e di gradito che di trovare e prepararsi un successore, tra quei giovani che conoscono forniti delle doti necessarie” per l’ordine sacro e li esortava dicendo che per questo mettessero un “impegno singolare”.

Dio “semina a mani piene per la grazia i germi di vocazione” “nonostante tutte le circostanze che fanno parte della crisi spirituale contemporanea”.  Tuttavia, sappiamo che molti giovani che ascoltano la chiamata semplicemente se ne allontanano, perché “mirano il mondo al posto di guardare verso il cielo; e prima che se ne rendano conto, già hanno perso di vista il Buon Pastore”. 

Qual è la ragione di questo? Sono molte le ragioni che si potrebbero enumerare: una pastorale nominalista o di scrittorio, l’anti-testimonianza, la mancanza di formazione adeguata per la quale Dio ci benedice con le vocazioni, e altre cause ancora. Ma con frequenza una delle cause è anche che il sacerdote non parla del sacerdozio ai giovani. San Giovanni Paolo II, diceva: “non è sufficiente un annuncio generico della vocazione perché sorgano vocazioni consacrate. Data la loro originalità, queste vocazioni esigono una chiamata esplicita e personale”.

Per questo, sebbene sia certo che fomentare le vocazioni è un lavoro di tutti i cristiani, lo è ancora di più, di tutti i religiosi, questo dovere obbliga particolarmente “i sacerdoti, soprattutto i parroci”, dato che le “Vocazioni sacerdotali nascono dal contatto con i sacerdoti, quasi come un patrimonio prezioso comunicato con la parola, l’esempio e la vita intera”. In questo senso, è interessante la frase del Codice, che assegna a tutti, ma “soprattutto” (praesertim) ai parroci questo compito del lavoro vocazionale. In questo senso non è buono costatare che a volte, nelle nostre distinte giurisdizioni, sembrerebbe che i sacerdoti che lavorano nelle Case di Formazione siano quelli che più lavorano nella pastorale di suscitare nuove vocazioni e a volte i loro sforzi non si vedono corrisposti dalle distinte parrocchie che formano parte della stessa giurisdizione. “Soprattutto i parroci”, queste parole del Codice devono interpellare tutti quelli che lavorano nella pastorale parrocchiale sull’ineludibile responsabilità che hanno in forza del proprio mandato come parroci di suscitare e promuovere vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata. In altre parole, la pastorale vocazionale deve essere una priorità nella pastorale parrocchiale.

Con queste parole che oggi possono suonare un po’ forti al nostro orecchio il Ven. Fulton Sheen scriveva ai sacerdoti assopiti nella ricerca di vocazioni: “Che forse l’amministrazione nella vita di molti pastori ha preso la primazia sull’evangelizzazione? Non sarà stato che l’affanno di organizzazione si sia inghiottito il pascolo  delle percore? […] Perché alcuni sacerdoti non muovono mai a una conversione, mentre altri ne muovono a centinaia? Non sarà perché alcuni prendono il titolo di ‘padre’ seriamente, mentre altri no? L’amministrazione è assolutamente essenziale; ignorarla sarebbe passare sul fatto che ogni membro ha una funzione specifica nel Corpo Mistico di Cristo. Ma lo Spirito Santo non ci ha chiamato a essere banchieri, immobiliari o esperti in progetti di costruzione. […] Lo Spirito non fu dato agli Apostoli perché si sedessero nelle tavole a contare denaro”. Poiché come dice la Scrittura: Non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il servizio delle mense . “E, dall’altro lato, non è sufficiente essere sacerdoti di sacrestia”, poiché lo stesso Verbo Incarnato ci comandò: andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze.

“Per questo, il lavoro con le vocazioni deve essere attivo, costante, pieno di slancio e vitalità, impegnato e sollecitato dalla carità di Cristo, e necessariamente opposto a una mentalità di ‘amministrazione ordinaria o lentezza burocratica’, che spera negligentemente che le vocazioni bussino alla sua porta”.

San Luigi Orione, mietitore sollecito e laborioso delle vocazioni, cosciente che la pienezza e gioia del sacerdozio è la paternità spirituale diceva: “la nostra preoccupazione è per quelli a cui andiamo a lasciare la stola, il Vangelo e l’altare”. I suoi contemporanei spesso lo sentivano dire: “Non ho altre ambizioni che questa: essere ‘il sacerdote delle vocazioni’”. Convinto che si doveva collaborare con l’azione di Dio e non soffocarla si convertì in ricercatore di vocazioni. E per questo motivo scrisse una bellissima lettera a tutti i parroci in ricerca di quelle “spighe che sono rimaste; quelle umili spighe che si perderebbero, in alimento e pane di vita per le anime e aiuto per i parroci, i vescovi, per la Chiesa…” e aggiungeva: “Le vocazioni sacerdotali sono, dopo l’amore al Papa e alla Chiesa, il mio ideale più amato, l’amore più sacro della mia vita”.

Facciamo ogni volta di più nostra la preghiera del Direttorio di Spiritualità che dice: “Che Dio ci dia il dono di poter scoprire e orientare tante vocazioni, che possiamo riempire tutti i buoni seminari e noviziati del mondo intero”. Anche noi dobbiamo andare “con passione e discrezione” alla ricerca delle anime disposte a sacrificare tutto per amore a Dio.

Di quanto detto fin qui, possiamo allora concludere che è compito prioritario e intrasferibile dei religiosi, specialmente dei sacerdoti quello di promuovere e accompagnare con sollecitudine paterna i distinti tipi di vocazioni, non solo vocazioni al sacerdozio, ma anche vocazioni alla vita monastica e alla vita apostolica, vocazioni di fratelli coadiutori, vocazioni tardive, vocazioni precoci, vocazioni alla vita consacrata femminile, ecc. È di più, possiamo affermare che “quanto più abbondante e varia è la manifestazione delle diverse vocazioni” più vivo si trova il nostro Istituto. 

Per questo vi raccomando molto, come diceva San Giovanni Bosco, “l’interessarsi vivamente … e fare il possibile, e direbbe l’impossibile” per aiutare, in ogni senso, quelli che manifestano il desiderio della vocazione senza lesinare sforzi né sacrifici. Una vocazione significa migliaia di anime che si salvano. È importante che apprendiamo ad essere disponibili e che siamo generosi nell’intraprendere ogni tipo di iniziative e a fare ogni tipo sforzo implicato nel compito di “generare figli per Dio”. Non dobbiamo accettare con passività o indifferenza la scarsezza di vocazioni dei nostri tempi perché, si tratta della vita stessa del nostro Istituto e, in definitiva, della vitalità della Chiesa.

Che anche noi possiamo dire che Don Orione: “Quanto ho camminato per le vocazioni! … Ho salito tante scale, ho bussato a tante porte… ho sofferto fame, sete e le umiliazioni più dolorose … mi sono riempito di debiti, ma la Divina Provvidenza non mi ha abbandonato mai”. 

San Giovanni Paolo II diceva: “condizione indispensabile per la Nuova Evangelizzazione è poter contare su evangelizzatori numerosi e qualificati. Per quello, la promozione delle vocazioni sacerdotali e religiose… deve essere una priorità”. E tra tutte le vocazioni di speciale consacrazione, “l’immensa necessità di sacerdoti è una delle urgenze più gravi”.

2. Orazione perseverante e fiduciosa

Poiché le vocazioni sono un dono di Dio offerto liberamente all’uomo, “è essenziale, anzitutto, la preghiera per la scoperta e la guida delle vocazioni”. Lo stesso Verbo Incarnato ci diede l’esempio di questo quando chiamò gli Apostoli e Lui stesso ci ha comandato espressamente di pregare dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!. Questa è la prima e più fondamentale pastorale per le vocazioni: ce l’ha insegnata lo stesso Signore. Per questa intenzione dobbiamo pregare tutti, e dobbiamo pregare sempre, specialmente nella Santa Messa dove il Cuore di Cristo con ognuno dei suoi palpiti chiama quelli che Lui vuole all’intimità della sua amicizia.

E benché in realtà, questa petizione debba, in certa maniera, permeare tutte le nostre preghiere e attività – dato che le vocazioni consacrate sono opera di Dio, non degli uomini – quanto sarebbe utile se in ogni comunità, anche nelle parrocchie e nei monasteri si dedicassero tempi speciali per offrire preghiere e sacrifici per chiedere vocazioni!

Approfitto per raccontarvi un aneddoto che ci tocca da vicino, per mostrare l’ineguagliabile efficacia della preghiera fiduciosa e perseverante per le vocazioni. Si tratta dell’esempio di Mons. León Kruk, vescovo di San Rafael, che autorizzò la fondazione del nostro Istituto e ci affidò la fondazione del seminario diocesano. Quando nel 1973 Mons. Kruk arrivò a San Rafael, la diocesi aveva il grande problema della mancanza di clero, poiché contava soltanto su 11 sacerdoti diocesani per un territorio estesissimo. Perciò dall’inizio il nuovo vescovo si dedicò a lavorare e pregare per le vocazioni, avendo il sogno di poter contare un giorno su un seminario proprio. Chiedendo per questa intenzione faceva nella sua cappella dell’episcopato, generalmente lui da solo, “Notti eroiche” di Adorazione eucaristica tutti i giovedì (diceva che non poteva farle i venerdì, come avrebbe preferito, perché il sabato era un giorno di molto lavoro pastorale). Nella sua prima visita “Ad limina apostolorum” presentò al Papa Paolo VI questa difficoltà e il Papa fece una profezia che più tardi si sarebbe compiuta, dicendogli che continuasse a lavorare e soprattutto a pregare, perché non solo avrebbe avuto sacerdoti per la sua diocesi, ma che da lì sarebbero usciti sacerdoti per altre diocesi del mondo, che, come è patente, si compì ampiamente. 

Il pregare, inoltre, è una grande testimonianza per gli altri. Ancora di più, è il primo testimonio che suscita vocazioni. Il Ven. Arcivescovo Fulton Sheen soleva dire: “Vedere un sacerdote fare la sua meditazione prima della messa fa più per la vocazione di un chirichetto che migliaia di volantini di propaganda vocazionale”. E questo è un aspetto che non deve essere né dimenticato né sottovalutato.

E dico, non solo pregare, ma essere maestri della preghiera per poter aiutare quelli che si sentono chiamati a discernere la volontà di Dio. E ancora di più: insegnare a pregare e far pregare e pregare con loro. Cercando di creare opportunità affinché gli stessi giovani preghino: adorazioni notturne, esercizi spirituali, pellegrinaggi, etc. Magari in tutte le nostre cominutà si dedicasse tempo alla preghera esclusiva per le vocazioni!

“Nella misura in cui insegnamo ai giovani a pregare, e a pregare bene, cooperiamo alla chiamata di Dio. I programmi, i piani e i progetti hanno il proprio posto, ma il discernimento di una vocazione è anzitutto il frutto del dialogo intimo tra il Signore e i suoi discepoli. I giovani, se sanno pregare, possono essere fiduciosi di sapere che fare davanti alla chiamata di Dio”.

Vorrei fare qui un appello particolare ai membri della nostra Famiglia Religiosa che sono malati o che stanno soffrendo nel corpo o nello spirito: “Anche a Voi vi compete l’apostolato vocazionale, a maggior ragione, vorrei ricordarvi “che la vostra preghiera, unita alla croce di Cristo, è la forza più potente dell’apostolato vocazionale”. Dunque, “a forza di gemiti e offerte di vita Dio dà figli a quelli che sono veri padri, e non una, ma molte volte, essi offrono la propria vita perché Dio dia vita ai loro figli come sogliono fare i padri carnali”.

Che la nostra preghiera per le vocazioni sia umile e fiduciosa, come la preghiera del Beato Giordano di Sassonia – successore di San Domenico di Guzmán – che al visitare i conventi comandava di fare molti abiti religiosi, avendo fiducia che Dio gli avrebbe inviato numerose vocazioni, il che gli succedeva in tutte le parti. Dicono che durante la sua vita generò più di mille vocazioni per il suo ordine, a tal punto che durante il suo mandato si fondarono 249 Case della Congregazione e si fecero sei nuove provincie di religiosi.

3. Il nostro testimonio di vita consacrata

Il nostro testimonio di vita consacrata e sacerdotale, come finiamo di dire, è inseparabilmente unito alla preghiera. Il Beato Papa Paolo VI diceva: “Pertanto, vi è necessario, cari Figli e Figlie, restituire tutta la sua efficacia alla disciplina spirituale cristiana della castità consacrata. Quando è realmente vissuta, con lo sguardo posto nel regno dei Cieli, libera il cuore umano e si converte così come in un segno, in uno stimolo della carità e in una fonte speciale di fecondità nel mondo (LG 42). Anche quando questo non sempre la riconosca, essa permane in ogni caso misticamente efficace in mezzo a lui”.

San Giovanni Paolo II dedica molto spazio a questo tema nell’Esortazione Apostolica Vita consecrata. Non possiamo prolungarci qui, citiamo soltanto qualche paragrafo più significativo, che è contenuto in parte nella nostra formula di professione. “Primo compito della vita consacrata è di rendere visibili le meraviglie che Dio opera nella fragile umanità delle persone chiamate. Più che con le parole, esse testimoniano tali meraviglie con il linguaggio eloquente di un’esistenza trasfigurata, capace di sorprendere il mondo. Allo stupore degli uomini esse rispondono con l’annuncio dei prodigi di grazia che il Signore compie in coloro che Egli ama. Nella misura in cui la persona consacrata si lascia condurre dallo Spirito fino ai vertici della perfezione, può esclamare: «Vedo la bellezza della tua grazia, ne contemplo in fulgore, ne rifletto la luce; sono preso dal suo ineffabile splendore; sono condotto fuori di me mentre penso a me stesso; vedo com’ero e cosa sono divenuto. O prodigio! Sto attento, sono pieno di rispetto per me stesso, di riverenza e di timore, come davanti a Te stesso; non so cosa fare, poiché mi ha preso la timidezza; non so dove sedermi, a che cosa avvicinarmi, dove riposare queste membra che ti appartengono; per quale impresa, per quale opera impiegarle, queste sorprendenti meraviglie divine». Così la vita consacrata diviene una delle tracce concrete che la Trinità lascia nella storia, perché gli uomini possano avvertire il fascino e la nostalgia della bellezza divina.”.

È lo Spirito Santo che muove interiormente e “attrae sempre nuove persone a percepire il fascino di una scelta tanto impegnativa. Sotto la sua azione esse rivivono, in qualche modo, l’esperienza del profeta Geremia: «Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre» (20, 7). 

Si racconta che Santa Teresa di Calcutta domandò una volta a San Giovanni Paolo II la ragione per la quale c’è una crisi di vocazioni, essendo così attrattive e belle le vocazioni di speciale consacrazione: E lui gli rispose: “Perché si è smesso di presentarle in maniera affascinante”. Perciò, prima di tutto, c’è il nostro proprio testimonio di amore a Dio, di vita povera, casta, obbediente, devota a Maria, di amore fraterno e di amore preferenziale per i poveri, in maniera che anche di noi le persone possano dire, come attesta Tertulliano che si diceva dei primi cristiani: “guardate come si amano e sono disposti a morire gli uni per gli altri”. E questo testimonio faccia che molti scoprano “l’attrattiva e la nostalgia della bellezza divina”.

4. Azione unanime

Pertanto, alla nostra preghiera e al nostro testimonio di vita consacrata deve essere unita la collaborazione attiva nel compito urgente di svegliare il germe della vocazione alla vita consacrata in molti, specialmente nei giovani e nei bambini. Giacché come diceva Papa Benedetto XVI: “Dio si serve del testimonio dei sacerdoti, fedeli alla propria missione, per suscitare nuove vocazioni sacerdotali e religiose al servizio del Popolo di Dio”.

Dunque la nostra fedeltà, non solo individuale ma come Istituto, è chiave nel magnifico e appassionante compito di ‘generare figli per Dio’. La ragione di questo è molto semplice: “ogni dono dello Spirito è concesso perché fruttifichi per il Signore”, che è particolarmente certo rispetto al carisma ricevuto dal Fondatore di un Istituto Religioso. Pertanto, l’aumento e perseveranza delle vocazioni alla vita consacrata nel nostro Istituto sarà anche in ragione della nostra fedeltà al carisma che lo Spirito Santo ci ha affidato per mezzo del nostro Fondatore. Ciò implica da parte nostra una grande responsabilità. Cioè, se noi come Istituto Religioso non siamo fedeli al carisma, perderemo la nostra ragione di essere nella Chiesa. “E Dio smetterà di inviargli vocazioni”. San Giovanni Paolo II diceva: “Nella sequela di Cristo e nell’amore per la sua persona vi sono alcuni punti concernenti la crescita della santità nella vita consacrata, che meritano di essere messi oggi in speciale evidenza.Anzitutto è richiesta la fedeltà al carisma fondazionale e al conseguente patrimonio spirituale di ciascun Istituto. Proprio in tale fedeltà all’ispirazione dei fondatori e delle fondatrici, dono dello Spirito Santo, si riscoprono più facilmente e si rivivono più fervidamente gli elementi essenziali della vita consacrata”.

Dal nostro carisma derivano lineamenti precisi riguardo come portare a capo questo apostolato per le vocazioni. E così, il nostro Direttorio di Vita Consacrata segnala diafanamente e succintamente ciò che segue: “Apostolato indispensabile è la pastorale vocazionale, nella quale bisogna convogliare le migliori energie, con un’adeguata dedicazione alla pastorale giovanile, e realizzando bene gli apostolati propri”.

Tra gli apostolati propri è necessario menzionare: gli Esercizi Spirituali, la pastorale parrocchiale bene attesa, la catechesi, la liturgia, la predicazione prudente ed esplicita, convinta, sulla vita consacrata che esalti la bellezza e sublimità della stessa e disarmi gli argomenti contrari a essa, la direzione spirituale ben fatta e ben portata avanti, le opere di misericordia, le giornate dei giovani, i campeggi, l’apostolato con gli universitari e professionisti, il lavoro con i bambini – specialmente i chirichetti –, gli oratori fedeli allo spirito di Don Bosco, la pastorale retta e accurata con le famiglie – che è per se stessa vocazionale – (sottolineo specialmente la visita delle case e l’accompagnamento alle famiglie che stanno passando per qualche tribolazione), le missioni popolari, la promozione della vera devozione alla Vergine, la buona stampa e l’apostolato con il Terzo Ordine. Senza lasciare da parte, ovviamente, gli apostolati inediti sempre e quando siano conformi al nostro carisma.

Tutto questo insieme, come già abbiamo detto, al buon testimonio di consacrazione secondo il peculiare modo di vita del nostro Istituto. Il buon testimonio di vita consacrata, per se solo, seduce, interpella, ispira. Vivere autenticamente la nostra vita religiosa è forse – dopo la preghiera – il mezzo più conducente per la promozione delle vocazioni. Per questo il Ven. Fulton Sheen diceva: “Il sacerdote mortificato, il sacerdote distaccato dal mondo, quello ispira, edifica e cristifica anime. […] Non si può svegliare la stima per il sacerdozio se non attraverso l’ammirazione per l’immolazione del sacerdote. Nessun sacerdote può concepire una vocazione se non all’ombra della Croce”. È dunque, di grande importanza che ognuno si esamini in coscienza davanti a Dio, per vedere se dalla funzione o servizio particolare nel quale la Chiesa attraverso l’Istituto l’ha posto (parroco, formatore, missionario ad gentes, etc.), si impegni sinceramente e ardentemente nella promozione delle vocazioni sacerdotali e religiose”.

Il nostro diritto proprio afferma la stessa cosa quando dice che bisogna “promuovere le vocazioni dando un’allegra e fedele testimonianza di vita consacrata, realizzando con generosità, discernimento e serietà gli apostolati propri, e lavorando in comunione fraterna: portando avanti gli apostolati non in modo personale ma in fraterna collaborazione, essendo questo l’unico modo realmente efficace”.

Una speciale menzione merita la giusta formazione che richiedono le vocazioni che Dio ci invia. Per questo affermiamo che “ciò che bisogna fare è cercare [le vocazioni] e quindi, cosa molto importante, è necessario trovare per queste vocazioni una formazione adeguata” perché “senza buona formazione Dio non benedice con abbondanza di vocazioni. [Da ciò ne segue che] bisogna ‘fare intensi sforzi per fomentare le vocazioni e procurare la migliore formazione sacerdotale possibile nei seminari”. 

Ancora una volta v’incoraggio ad essere santamente decisi a non tollerare nulla che possa impedire la fioritura di vocazioni e ad essere disposti perfino ad essere martirizzati se fosse necessario per questa causa, sapendo mantenere una fermezza infrangibile per essere fedeli a Dio che è l’Autore di ogni vocazione e il principale interessato alla loro fioritura. Detto in altro modo, non bisogna mettere impedimenti all’opera di Dio. 

“E così come Dio è generosissimo nel suscitare vocazioni quando si danno le condizioni adeguate, così bisogna essere generosi nell’inviare le vocazioni già sbocciate, in sacerdoti o religiose, dove sia necessario, avendo la certezza che ‘Dio non si lascia vincere in generosità da nessuno’, e che sarà sempre una verità che chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà e chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà (2 Cor 9,6)”.

San Giovanni Paolo II diceva: “L’invito di Gesù: «Venite e vedrete» (Gv 1, 39) rimane ancora oggi la regola d’oro della pastorale vocazionale. Essa mira a presentare, sull’esempio dei fondatori e delle fondatrici, il fascino della persona del Signore Gesù e la bellezza del totale dono di sé alla causa del Vangelo. Compito primario di tutti i consacrati e le consacrate è dunque quello di proporre coraggiosamente, con la parola e con l’esempio, l’ideale della sequela di Cristo, sostenendo poi la risposta agli impulsi dello Spirito nel cuore dei chiamati”.

Per grazia di Dio, abbiamo molte vocazioni e questo è, senza dubbio, un segno della vitalità della nostra congregazione, come così anche dell’azione dello Spirito Santo nella nostra opera. Così lo confermano le parole del nostro amato San Giovanni Paolo II: “Le vocazioni sono la riprova della vitalità della Chiesa. La vita genera vita…; sono anche la condizione della vitalità della Chiesa… Sono convinto che lo Spirito Santo non smette di attuare nelle anime. Ma anzi, attua ancora con maggiore intensità”; poiché “la chiamata del Signore non può mai essere compresa in termini meramente umani, è un mistero dell’opera dello Spirito Santo”. Le vocazioni “sono un’opera dello Spirito Santo”, giacché è lo Spirito Santo che “è interessato ‘in prima persona’ nel successo di questa opera”.

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Cari tutti: Dio infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la sua grazia. Pertanto, celebriamo questo prossimo 25 marzo con l’anima inondata di gioia e gratitudine, il 33° anniversario del nostro amato Istituto. Uniamoci dunque in azione di grazie a Dio e alla Vergine di Luján non solo per il dono della vocazione in questa bella Famiglia Religiosa ma anche per le innuverevoli benedizioni concesse all’Istituto in questo tempo, particolarmente le grazie enormi che sono le nuove fondazioni, le conversioni, le nuove vocazioni e le prove.

“La vocazione è amore che può essere ripagato solo con amore”. Per questo vi invito a rinnovare nel carisma della nostra famiglia religiosa per essere sempre fedeli a Dio. E che a imitazione della Madre del Verbo Incarnato che rimase fedele per tutta la sua vita al fiat pronunciato nell’Annunciazione, perfino quando vedeva morire suo Figlio amatissimo in croce, anche noi rimaniamo fedeli al servizio del mistero dell’Incarnazione e generiamo per Dio tante vocazioni di speciale consacrazione come Lui ce le voglia concedere.

Che Maria Santissima, che per l’unzione dello Spirito Santo diede un corpo di carne al Messia Sacerdote, custodisca nel suo seno tutti i religiosi della nostra amata Congregazione e così, appartenendo ogni volta di più a Essa, ci rassomigliamo di più al Sacerdote-Vittima e ci si conceda la grazia di passare a molti altri la torcia della vita che Lui stesso accese nelle nostre anime.

Buon giorno dell’Incarnazione del Verbo!

P. Gustavo Nieto, IVE

Superiore Generale

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