San Luis, Argentina, 1° maggio 2017
Lettera Circolare 10/2017
1° Centenario delle Apparizioni della Vergine di Fatima
Cari Padri, Fratelli, Seminaristi e Novizi,
Le apparizioni della Madre di Dio a Fatima, Portogallo, tra i mesi di maggio e ottobre del 1917 sono senza dubbio i fatti religiosi “più importanti della prima metà del XX° secolo, un’esplosione traboccante del soprannaturale sul mondo dominato dal materiale”.
Infatti, il magnifico avvenimento di Fatima è stato identificato come “un grande segno dei tempi”, o più precisamente “del nostro tempo, che la stessa Signora sembra leggere con una perspicacia speciale”, rivelando un “carisma per il nostro tempo”. Fatima è, al dire di San Giovanni Paolo II, “la manifestazione della sua sollecitudine materna per le sorti della famiglia umana, bisognosa di conversione e di perdono”. Da questo l’immenso contenuto spirituale, profetico ed escatologico dei messaggi della “Madre del Cielo”, come la Ven. Suor Lucia soleva chiamare la Vergine Maria.
Dio, che tiene nelle sue mani tutti gli avvenimenti, dispose provvidenzialmente che noi nascessimo come Congregazione il 25 marzo del 1984, giorno in cui San Giovanni Paolo II insieme ai vescovi del mondo accoglievano la richiesta della Vergine di Fatima di consacrare il mondo intero al suo Cuore Immacolato. E così il Santo Padre diceva “abbraccia con amore di Madre e di Serva del Signore questo nostro mondo umano”, lì siamo inclusi anche noi e quelli che verranno dopo di noi.
In questi due eventi che – per la Provvidenza Misericordiosa di Nostro Signore – s’incrociano tra loro, potremmo leggere la soave e amorosa delicatezza della sapienza maternale, che sembra abbracciarci a caro prezzo come Istituto e a ognuno di noi in particolare, senza condizione alcuna. Possiamo perfino pensare lecitamente che siamo nati dal Cuore Immacolato di Maria, e pertanto, non possiamo fare a meno di prorompere in gioia e vedere come la materna assistenza protettrice della Vergine ci accompagna sempre.
Quella luce che irradiava la “Signora, vestita tutta di bianco, più splendida del sole” “con il cuore in mano” continua a illuminare “il nostro tempo” e a indicarci il cammino con la sua consolante promessa: “Il Mio Cuore Immacolato sarà il tuo rifugio e il cammino che ti condurrà a Dio”.
Chi tra di noi non sente quelle parole della Vergine come dirette particolarmente a lui? Se apparteniamo a Lei in “materna schiavitù d’amore” e da Essa abbiamo fiducia di ottenere “l’aiuto imprescindibile per l’arduo compito di prolungare l’Incarnazione in tutte le cose”.
Pertanto, questo primo centenario dell’apparizione della Madre di Dio a Fatima è per noi un avvenimento del tutto singolare, storico, e un invito a rinnovare la nostra appartenenza e fiducia nella protezione e nell’ausilio della Vergine Santissima.
Vorrei allora in questa lettera circolare e alla luce dell’amore materno di Maria, che riflettessimo su alcuni punti del suo messaggio.
1. Disegni di misericordia
In primo luogo, qualcosa di molto istruttivo per noi, ora e in ogni tempo. Quando l’Angelo apparì per la seconda volta a Lucia, Francesco e Giacinta nel 1916 gli disse: “I Santissimi Cuori di Gesù e di Maria hanno su di voi disegni di misericordia”.
E uno sarebbe inclinato a pensare che a partire da lì la vita di questi tre bambini sarebbe stata libera da lotte, dolori e che in qualche modo sarebbero stati ‘molto felici’ in accordo con gli standard del mondo. Tuttavia, le loro vite furono seminate da grandi sofferenze. Di fatto, l’Angelo immediatamente gli chiede di “offrire costantemente preghiere e sacrifici… [e] soprattutto”, gli dice, “accettate e sopportate, con sottomissione, la sofferenza che il Signore vi manderà”.
Suor Lucia commenta che “queste parole dell’Angelo” gli s’impressero molto fortemente nelle loro anime che come una luce gli “facevano compredere chi era Dio, come ci amava e voleva essere amato, il valore del sacrificio e come questo era gli era gradito”.
Per questo già nella prima apparizione nostra Signora gli domanda se vogliono offrirsi “a Dio per sopportare tutte le sofferenze che Lui vorrà mandargli” e gli annuncia che dovranno “soffrire molto” ma che la grazia di Dio sarebbe stata la loro forza. Al che essi risposero con un generoso, eroico e decisivo fiat. Perché come dice il Dottore Angelico: “Nulla invita all’amore come la coscienza che si ha di essere amato”.
E così, nei successivi mesi e, in realtà, fino alla fine delle loro vite, i pastorelli continuarono ad addentrarsi progressivamente e ogni voltà più profondamente nel mistero della croce, perché sarà sempre certo che “essendo i più fedeli servitori della Santissima Vergine i suoi preferiti, ricevono da Lei i più grandi favori e le più grandi grazie del cielo, che sono le croci”.
Messe insieme alle molte preghiere e penitenze che giornalmente offrivano, i tre pastorelli soffrirono molto fisicamente e moralmente, sia da parte di buoni come dei cattivi. Pensiamo, ad esempio, alla grande sofferenza che fu per Lucia il solo presagio della morte di Francesco e di Giacinta nell’apparizione del 13 giugno. Possiamo inoltre senza sforzo immaginare ciò che sarà stato per la sensibilità di questi bambini così puri la visione dell’inferno, che essi stessi dicono “li terrorizzò e fece tremare di paura”. Anche, la profonda tristezza che gli causò il vedere la “Signora così buona e triste” e “nostro Signore molto triste”. Tutto questo unito a volte all’indifferenza dei loro genitori, altre alla loro incomprensione e incredulità, e alle innumerevoli burle e disprezzi da parte dei loro familiari. Suor Lucia stessa racconta che sua madre la “riprendeva e castigava” perché la credeva bugiarda.
E benché la lista potrebbe essere interminabile, aggiungiamo a questo i tortuosi e opprimenti interrogatori ai quali furono sottomessi. Le innumerevoli minacce, insulti, e colpi che ricevevano nonostante fossero innocenti. I dubbi e le tentazioni che assalivano Lucia, facendole perdere l’entusiasmo, riempiendola di paura fino a farle decidere di non tornare a Cova di Iria. Allo stesso modo, il carcere, con la conseguente minaccia di quelli che “andavano a friggere”. La successiva infermità di Francesco e Giacinta con le penose circostanze che circondarono la morte di entrembi: Francesco immerso in grandi sofferenze fisiche e Giacinta che muore lontano dai suoi, a Lisbona (“prega molto per me, che morirò da sola”, diceva a sua cugina Lucia). Conoscendo il grande amore e l’unione spirituale dei tre bambini, non ci costerà immaginare il grande dolore che questo causò a Lucia. Lei stessa ricordando la morte di suo cugino scrisse: “è una spina triste che attraversa il mio cuore durante gli anni. È il ricordo del passato che risuona sempre nell’eternità”. Anche il congedo da Giacinta, dice Suor Lucia, “gli spezzò il cuore”.
E così, ognuna delle sofferenze, prove e croci che dovettero patire formarono parte dei loro “disegni di misericordia” che aveva annunciato loro l’Angelo. Così, in modo semplice e elementare, i “disegni di misericordia” includono la croce nelle nostre vite. E alla luce di quel mistero dobbiamo saper vedere tutte le croci che ci sopravvengono.
Per questo, in ogni tempo, anche ora, dobbiamo essere genuinamente convinti che tutto ciò che avviene appartiene, senza dubbio, al disegno misericordioso di Dio riguardo a noi. Tutte le sofferenze, ci siano causate dal di dentro o dal di fuori, le false controversie che possano ostacolare il progresso delle nostre opere, le diffamazioni, l’ingratitudine, le incomprensioni e tutto quello che ci può causare afflizione, sia personamente che come famiglia religiosa, non sono altro che “araldi di una grande allegria” e bisogna “rendere grazie a Dio per esse come un segno della sua misericordia”, come diceva San Giovanni d’Avila. “La croce è come un tocco dell’amore eterno nelle nostre vite”.
Anche noi, come i pastorelli, “siamo invitati ad essere felici come Pietro e gli Apostoli quando fu concesso loro di incorporarsi alla Croce di Cristo per partecipare alla gloria della sua risurrezione”. Pertanto, anche noi dobbiamo avere il coraggio di pronunciare il nostro fiat e in nussun modo retrocedere dall’opera iniziata. Anzitutto, dobbiamo essere fermamente convinti di seguire Colui che oggi come ieri ha ogni potere, e benché tutto il mondo s’impegni a evitarlo, la sua verità trionferà. “Pertanto non dobbiamo alimentare nessuna paura e nulla ci può muovere a rinunciare alla verità rivelata e all’amore di Cristo”.
Gesù diceva a Santa Gemma Galgani: “rimani nel cammino della divina volontà”. E quello è ciò che dobbiamo fare, agire in altro modo, come ben sappiamo, sarebbe un errore.
Quanto c’è da apprendere da questi “piccoli privilegiati”! Perciò, se mi permettete, vorrei fare un’applicazione di due elementi del messaggio-profezia di Fatima che considero ci tocchino da vicino, personalmente. Mi riferisco particolarmente alla necessità di comunione delle nostre sofferenze con i patimenti di Cristo per il bene delle anime e al suo Immacolato Cuore come nostro rifugio.
2. Vittime con la Vittima
L’allora Cardinale Ratzinger nel suo Commento Teologico riguardo il messaggio di Fatima scrisse: “nessuna sofferenza è vana e, precisamente, una Chiesa sofferente, una Chiesa di martiri, si trasforma in punto di riferimento per la ricerca di Dio da parte dell’uomo”.
A mio modo di vedere, un aspetto molto profondo del messaggio di Fatima, particolarmente per noi, sacerdoti del Verbo Incarnato, è quello della nostra comunione con i patimenti di Cristo per il bene delle anime; aspetto che eccelle nei martiri, ma che forma anche parte essenziale della nostra vocazione e del nostro ministero sacerdotale.
San Paolo scrisse ai Colossesi: completo nella mia carne ciò che manca ai patimenti di Cristo, in favore del suo Corpo, che è la Chiesa, della quale sono stato costituito ministro.
La frase dell’Apostolo costituisce tutto un programma di vita spirituale e di vita pastorale, e si applica all’unità o solidarietà che c’è tra i membri dell’unico Corpo Mistico nella vita della grazia. E questo in due maniere distinte:
a. In quanto all’applicazione della Passione di Cristo perché la sua efficacia infinita, ottenuta nell’offerta sacerdotale che Lui fece una volta sola e per sempre raggiunga o si applichi a tutti gli uomini nel corso della storia.
b. In quanto alla necessaria conformità che deve esistere tra il corpo e il suo capo, cioè, tra Cristo e le sue membra, conformità che deve essere ancora maggiore nei ministri sacri e religiosi.
E benché “certamente non aggiungiamo nulla di sostanziale al sacrificio di Cristo, nell’ordine dell’operazione lo completiamo in un certo modo. […] Cristo ‘soffrì come capo nostro, e continua a soffrire nelle sue membra, cioè, in noi’. Per questo ‘Cristo sarà in agonia fino alla fine del mondo’ poiché ‘la misura totale delle sofferenze di tutti gli uomini non sarà colmata fino alla fine del mondo’”.
Allora, l’espressione qualcosa che manca alla Passione di Cristo non deve intendersi come se questa fosse incompleta o insufficiente, poiché fu sovrabbondantemente infinita. Si deve intendere piuttosto rispetto all’applicazione efficace dei meriti della passione a tutti gli uomini di tutti i tempi. Applicazione che si rende effettiva attraverso il nostro ministero apostolico.
Il Padre Luis de la Palma fa la glossa delle parole di San Paolo dicendo: “affinché il merito della passione di Gesù Cristo si applichi con effetto agli infedeli e peccatori è necessario predicare, pellegrinare e patire molte contraddizioni e persecuzioni, che mancarono da patire a Cristo per santificare tutto il corpo (…) queste le compio io per Lui con molta allegria, poiché io (…) anche patisco nel mio corpo la fame e la sete, le carceri e prigioni che avrebbe dovuto patire Gesù Cristo se fosse stato presente”.
Ed è in questo senso che il Direttorio di Spiritualità dice: “Il dolore è qualcosa di prezioso e di incalcolabile valore poiché è scelto da Dio per redimerci, quando si sopporta con pazienza, si accetta come venuto da Dio e si santifica unendolo a quello di Cristo” e per questo ci si chiama “corredentori”. Da questo deriva l’importanza e necessità di non sprecarlo ma di saper approfittarsi di esso.
Ora, “tutta l’efficacia corredentrice dei nostri patimenti dipende dalla loro unione con la Croce e nella misura e grado di quell’unione. Viviamo del sacrificio di Cristo: …nessun dolore è redentore se non si unisce alla Passione di Cristo. Se non apprendiamo a essere vittime con la Vittima, tutte le nostre sofferenze sono inutili”. Questo fu ciò che la Santissima Maestra insegnò a Francesco, Giacinta e Lucia: “Da quando Nostra Signora c’insegnò a offrire a Gesù i nostri sacrifici, ogni volta che pensavamo di farne qualcuno, che dovevamo soffrire qualche prova, Giacinta domandava: – Gli hai detto a Gesù che è per amor suo? Se gli diceva di no… [Lei rispondeva] – Allora glielo dirò io. E, congiungendo le mani e alzando gli occhi al cielo, diceva – Oh Gesù! È per amor tuo e per la conversione dei peccatori”.
È Volontà di Dio nostro Padre, che anche noi – come i Beati pastorelli – cooperiamo perché l’unica e sovrabbondante redenzione operata da Cristo sul Calvario sia applicata a tutti gli uomini, particolarmente a quelli del nostro tempo, ai nostri contemporanei. Allora, anche oggi ci domanda Lucia: “tu non vuoi offrire questo sacrificio per la conversione dei peccatori?”.
È parte della nostra spiritualità “apprendere a completare ciò che manca alla Passione di Cristo con una riparazione affettiva – per la preghiera e l’amore –, effettiva – compimento dei doveri di stato, apostolato, … e afflittiva – la sofferenza santificata –, nel profitto di se stesso e di tutto il Corpo mistico”.
Per l’unità della persona mistica di Cristo, noi, suoi membri non solo ci possiamo, ma dobbiamo aiutare gli uni gli altri, ammesso che per la comune incorporazione a Cristo gli uni siamo membra degli altri.
Per questo la supplica ardente della Madre del Cielo: “Pregate, pregate molte e fate sacrifici per i peccatori; che molte anime vanno all’inferno, perché non c’è chi si sacrifichi e preghi per esse”. E in un’altra occasione gli dice: “Per salvarle, Dio vuole stablire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato. Se si fa ciò che vi dirò, si salveranno molte anime e avranno la pace”.
Con quanta innocenza e profondità i pastorelli compresero l’importanza e necessità di sacrficarsi per gli altri per i quali non lasciavano passare un’opportunità per offrire preghiere e fare penitenza. Serva a titolo illustrativo l’aneddoto riportato da Suor Lucia e che dimostra la generosità della più piccola di loro che “sentì e visse come sua l’afflizione della Vergine”: “La Santissima Vergine mi aveva detto anche che offrissimo le nostre preghiere e sacrifici in riparazione dei peccati commessi contro l’Immacolato Cuore di Maria, ci mettemmo d’accordo scegliendo ognuno un’intenzione. Uno l’offrì per i peccatori, un altro per il Santo Padre, e un altro in riparazione dei peccati commessi contro l’Immacolato Cuore di Maria. Una volta d’accordo, domandai a Giacinta qual’era la sua intenzione per la quale lei offriva – Io l’offro per tutte, perché tutte mi sono molto gradite”.
Il suo esempio perfettamente generoso e contemporaneamente sublime nella sua semplicità non smette di interpellarci, noi religiosi, a cui ci tocca per vocazione ed elezione divina farci vittime con la Vittima perfetta.
Pertanto, il messaggio della Vergine di Fatima è un invito a ognuno di noi ad essere solidali gli uni con gli altri offrendoci a Dio come un’ostia viva, santa e gradita. Come diceva San Giovanni Paolo II: “pregate e sacrificatevi per noi e per tutti quelli che anche pregano, per quelli che non possono pregare, per quelli che non sanno pregare e per quelli che non vogliono pregare!” Allo stesso modo, il nostro diritto proprio ci raccomanda vivamente di pregare per i nostri nemici e per quelli che ci odiano e perseguitano.
3. Il Cuore Immacolato di Maria, nostro rifugio
“I buoni saranno martirizzati … Ma alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà”, disse la nostra tenera Madre a Suor Lucia durante l’apparizione del 13 luglio del 1917.
Queste parole che suppongono una grande sofferenza accendono a loro volta la luce della speranza nelle nostre vite. Poiché “‘per la croce si va alla luce’, la stessa cosa che ci hanno insegnato gli Apostoli dicendo che è necessario passare per molte tribolazioni prima di entrare nel Regno dei cieli”.
Nostra Signora annuncia grandi sofferenze per mezzo delle quali – specialmente i religiosi -dobbiamo cooperare attivamente all’applicazione della redenzione alle anime: “[abbiamo visto anche] altri Vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose salire una montagna ripida, nella cui cima c’era una grande Croce di legni rozza” che poi sarebbero morti “uno dopo l’altro”. E questo è così, arriviamo o no al martirio cruento, poiché la stessa professione dei voti “equivale a un certo martirio” che si dimostra nella consegna quotidiana per i sacrifici e le croci che implicano la fedeltà al Verbo Incarnato. E anche di più, perché il martirio è relazionato alla nostra vita religiosa anche per il suo fine, poiché tende alla perfezione della carità, poiché: non c’è un amore più grande che dare la vita per gli amici.
Per questo ci si chiede di vivere disposti al martirio per lealtà a Dio, cioè, il martirio diviene sinonimo di vero discepolo. San Giovanni d’Avila, dottore della Chiesa, diceva: “sono espressamente ammoniti i servi di Dio che devono essere perseguitati”. E continua dicendo: “Essi [i servi di Dio] patiscono per Dio e perché andarono a Dio; e la persecuzione è contro Dio. Se i persecutori pensano un’altra cosa, per ventura diminuiscono un pò della loro colpa, ma non la nostra corona; e se essi, ingannati, pensano che servono Dio, noi, disingannati, sappiamo che serviamo Dio”. Quindi, se siamo fedeli, consideriamo come “la grazia più grande che Dio può concedere alla nostra minuscola Famiglia Religiosa la persecuzione”.
A questa verità, aggiungiamo il fatto che noi, se veri figli di una così pietosa Madre, dobbiamo sperare di soffrire grandi croci e come dice San Luigi Maria, perfino “soffrire più degli altri. Perché Maria, la Madre dei viventi, rende partecipi i suoi figli dell’Albero della vita, che è la croce di Gesù Cristo”.
Ma non dobbiamo rimanere solo con quello, con una concezione fatalista della vita, ma piuttosto bisogna avere quella visione sapienziale che ci faccia apprezzare che della sofferenza – piccola o grande, visibile davanti a tutti od occulta nell’anima – “deriva una forza di purificazione e di rinnovamento, perché è attualizzazione della sofferenza stessa di Cristo e trasmette nel presente la sua efficacia salvifica”. Cioè, a noi si chiede una fede maggiore, “fede in quell’Amore salvatore che è sempre più grande, sempre più forte di tutti i mali”.
Dobbiamo essere uomini dalla fede intrepida, che approfittano tutte le croci e le difficoltà per amare di più Dio e il prossimo e non sprecare un’opportunità per praticare opere di misericordia. Di fatto, uno degli elementi aggiunti e non negoziabili del nostro Istituto è l’avere “una visione provvidenziale di tutta la vita. E così, per esempio, considerare i nostri nemici come parte, spirituale della nostra famiglia religiosa, perché ci hanno fatto e ci fanno del bene […] omnia cooperantur in bonum”.
Su questo punto vale anche per noi il consiglio di San Francesco di Sales: “Siate fermi nella fiducia nella provvidenza di Dio, la quale, se ci prepara croci, ci darà la forza di sopportarle. […] Non abbiate affanno per gli avvenimenti penosi di questa vita; prevenitevi con una perfetta speranza nel fatto che, nella misura in cui le croci giungeranno, Dio, al quale appartengono, vi libererà da esse. Lui vi ha protetti fino al presente; afferratevi bene alla mano della sua Provvidenza e Lui vi assisterà in ogni occasione e, se non potete andare avanti, Lui vi sosterrà. Che temete, essendo tutti di Dio, il quale ci ha assicurato che tutto sarà per il bene di quelli che lo amano? Non pensate a quello che succederà domani, perché lo stesso Padre Eterno che oggi ha cura di Voi, ce l’avrà domani e sempre: Lui non vi darà nessun male, e se ve lo dà, vi darà la forza invincibile per sopportarlo”.
Perciò in tutte le sofferenze che individualmente o come Istituto ci possa capitare di soffrire dobbiamo imparare a vedere quei disegni di misericordia che Dio ha per noi. E a imitazione della Ven. Suor Lucia saper vedere “in ogni cosa l’azione di Dio, che così vuole”.
Ora, è anche importante notare che in questo sopportare tutte le sofferenze che Dio voglia mandarci non siamo soli, poiché la presenza della Madre di Dio ci sostiene affinché possiamo portare le croci con “più facilità, merito e gloria” e riguardo a questo la sua apparizione a Fatima è segno eloquente. Dunque, questa Buona Madre, “addolcisce tutte le croci, con la sua effettiva compassione materna e con l’unzione del suo amore puro, che fanno sì che le pene, per quanto amare siano, si portino con allegra rassegnazione.
Oggi la Vergine di Fatima ci ripete anche con teneri accenti: “Il Mio Cuore Immacolato sarà il tuo rifugio e il cammino che i porterà a Dio”. Che equivale a dire: nel mio Cuore Immacolato troverai “tutta la grazia e amicizia di Dio, la piena sicurezza contro i nemici di Dio, la verità completa per combattere l’errore, la facilità assoluta e la vittoria definitiva sulle difficoltà che ci sono nel cammino della salvezza, la dolcezza e la gioia piene nelle amarezze della vita”.
Dunque, che gli altri si rallegrino per “le loro ricchezze o si vantino dei propri onori del mondo; altri nella preeminenza dei loro uffici e dignità”; che altri “sperino dai propri talenti; che si appoggino sull’innocenza della loro vita, o sul rigore della penitenza, o sul numero delle buone opere, o sul fervore delle loro preghiere”, quanto a noi tutto speriamo da questa augusta Signora che Dio stesso “scelse per dispensatrice di quanto Lui possiede” e attraverso le cui mani verginali passa ogni dono celeste.
Lei non è una mera spettatrice delle nostre lotte, ma è coinvolta pienamente nelle nostre vite, siano quali siano le circostanze particolari o il complesso della realtà; l’ampiezza della sua cura materna non ha limiti. Lei vuole essere il nostro Rifugio. Il nostro amato San Giovanni Paolo II diceva: “Maria abbraccia tutti, con una sollecitudine particolare… Lei stessa prega con noi”; Lei sente le nostre lotte come una madre e conosce a fondo le nostre sofferenze e speranze. Per quello la presenza compassionevole della Madre del Verbo Incarnato nelle nostre vite, che non è accessoria ma fondamentale e integrale, deve dilatarci il cuore con una santa fiducia, come quella di un bambino che spera tutto dalla bontà della sua amata madre, per così addentrarci ogni volta più profondamente e generosamente per il cammino della croce, che è “l’unico cammino della vita”.
Oggi e sempre conserviamo impresse nell’anima le consolanti parole della Beata Giacinta a sua cugina: “Non dobbiamo aver paura di nulla. Quella Signora ci aiuta sempre. È nostra amica”. Dobbiamo avere la certezza che la Vergine ci aiuterà in tutto e sempre.
La Vergine Santissima lo promise: “Il mio Cuore Immacolato trionferà”. Lo stesso Cuore sotto il cui calore si formò il Cuore Sacratissimo del Verbo Incarnato trionferà e “porterà in trionfo al cielo le anime di coloro che continuamente si raccomandano alla sua intercessione”. Consideriamo allora, quanto transitorie siano le pene di questa vita di fronte al definitivo della felicità che ci è stata promessa.
Sì, “il maligno ha potere in questo mondo, lo vediamo e lo sperimentiamo continuamente; lui ha potere perché la nostra libertà si lascia allontanare continuamente da Dio. Ma da quando Dio stesso ha un cuore umano e in questo modo ha diretto la libertà dell’uomo verso il bene, verso Dio, la libertà per il male non ha più l’ultima parola. Da quel momento acquistano tutto il loro valore le parole di Gesù: avrete delle tribolazione nel mondo, ma abbiade fiducia; io ho vinto il mondo! Il messaggio di Fatima c’invita a confidare in questa promessa”.
Cari tutti, che la celebrazione di questo primo anniversario delle apparizioni della Madre di Dio a Fatima c’incoraggi, riempia di luce le nostre anime e c’infonda una fiducia inamovibile nella sua Onnipotenza Supplicante, poiché “Lei è tutta la nostra speranza””, perché è “volontà di Dio che riceviamo tutto per mezzo di Maria”.
Con questa certezza, andiamo fiduciosi alla nostra Madre del Cielo, ringraziandola per la sua costante intercessione e implorando da essa con filiale audacia che continui a vegliare sul cammino della Chiesa, della nostra amata Famiglia Religiosa e di ognuno dei suoi membri e delle missioni a noi affidate. Che la tenerezza dello sguardo di questa dolce Madre inondi ogni angolo delle vostre vite, e vi conceda una costante serenità, consolazione e allegria nel Verbo Incanrato.
Ora e in ogni tempo, avanziamo catturati dal suo Cuore Immacolato che teneramente ci dice: “Non scoraggiarti. Io non di abbandonerò mai. Il mio Cuore Immacolato sarà il tuo rifigio e il cammino che ti condurrà a Dio”
Buona festa della Vergine di Fatima!
Nel Verbo Incarnato e nel Cuore Immacolato della sua Madre Santissima,
P. Gustavo Nieto, IVE
Superiore Generale