“Il nostro ‘stile particolare di santificazione e di apostolato’”

Roma, Italia, 1° settembre 2017

Lettera Circolare 14/2017

“Il nostro ‘stile particolare di santificazione e di apostolato’

Direttorio di Vita Consacrata, 2

Cari Padri, Fratelli, Seminaristi e Novizi, 

La Sacra Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari (attuale CIVCSVA), nel suo documento “La vita religiosa nell’insegnamento della Chiesa. I suoi elementi essenziali negli Istituti dediti alle opere di apostolato”, insegna che: “La consacrazione religiosa è vissuta in un dato istituto, in conformità alle costituzioni che la Chiesa, con la sua autorità, accetta e approva: in accordo, pertanto, con particolari disposizioni che riflettono e approfondiscono un’identità specifica. Tale identità emana da quell’azione dello Spirito Santo che costituisce il dono originario dell’istituto: il carisma che determina un particolare tipo di spiritualità, vita, apostolato, tradizione”. 

In questo senso, il Direttorio di Vita Consacrata dice che “bisogna necessariamente unire la vita religiosa al modo proprio di viverla nell’Istituto in cui si entra”. Cioè, la nostra configurazione con Cristo si deve portare a capo in fedeltà al modello tracciato dal Fondatore e plasmato nelle Costituzioni e Direttori

Per questo, le Costituzioni ci comandano saggiamente non solo di “compiere con la maggior perfezione possibile i consigli evangelici e la consegna a Gesù e Maria, ma anche di ‘ordinare la vita secondo il diritto proprio dell’Istituto, sforzandosi così per raggiungere la perfezione del nostro stato’”.

Infatti, dalla nostra fedeltà al nostro modo peculiare di vivere la vita religiosa e al “nostro modo” di fare apostolato, dipende – come già abbiamo detto in ripetute occasioni – la nostra fecondità nel momento di cooperare all’edificazione della Chiesa.

Nonostante sia molto ciò che si potrebbe approfondire su questo tema, vorrei in questa lettera circolare semplicemente far menzione di alcuni degli aspetti che “definiscono il nostro volto nella Chiesa” secondo il nostro modo di vivere la vita consacrata e del nostro modo di fare apostolato. 

1. Il nostro stile particolare di santificazione

“In rapporto alla vita consacrata e alla nostra propria impostazione spirituale come Istituto religioso e secondo il carisma ricevuto dal fondatore, ci riferiamo principalmente a fonti scritte, quali le Costituzioni ed il Direttorio di Spiritualità. Su un altro piano, specificatamente distinto ma complementare, ci riferiamo ai Direttori”. Tra questi, è particolarmente importante per l’occasione, il Direttorio di Vita Consacrata dove si esplicitano e sviluppano gli “elementi oggettivi, che esprimono l’identità e l’impostazione della vita consacrata dell’ IVE secondo la nostra indole propria, il nostro patrimonio spirituale”. 

Uno di questi elementi è, senza dubbio, il vivere la nostra consacrazione in modo tale da diventare “altri Cristi”. Questo è centrale nella nostra spiritualità e in ogni suo particolare è “profondamente marcata da tutti gli aspetti del mistero dell’Incarnazione”. Per questo diciamo che vogliamo “essere ‘come una nuova incarnazione del Verbo’, ‘come un’altra umanità sua’, in modo che il Padre non veda in noi ‘altro che il Figlio amato’”.

Per questo, seguendo gli insegnamenti e la tradizione della Chiesa, la vita consacrata nel nostro Istituto “consiste nell’imitazione e nella sequela di Cristo, vergine, povero e obbediente, nella ricerca della carità perfetta”. Ciò “significa per noi, che, nella sequela e nell’imitazione di Cristo nella pratica dei consigli evangelici, dobbiamo sforzarci di vivere in pienezza la radicalità dell’annientamento di Cristo e della sua condizione di servo, e in questo modo ‘trasfigurare’ il mondo.”. 

Di conseguenza, Gesù Cristo deve essere il centro della nostra vita, deve avere la primazia in essa, in modo che non anteponiamo nulla al suo amore. Così, questa assoluta centralità di Cristo ci fa volere fermamente e determinatamente “in tutto e per tutto dare la primazia allo spirituale, e a consegnarci in santo abbandono alla volontà di beneplacito di Dio” ed è proprio questo ciò che ci fa dare più peso all’eternità al disopra di tutta la realtà temporale. Allora da qui ne deriva che noi intendiamo l’essere missionari “anzitutto per quello che si è, più che per quello che si dice o si fa”, e con questo la nostra “visione provvidenziale di tutta la vita” “enfatizzando le cose essenziali, lasciando di lato ogni formalismo”. 

Pertanto, “questa impronta cristocentrica”– così propria nostra e che “trova il suo fondamento nella chiara e corretta intelligenza del mistero del Verbo Incarnato”– “deve restare marchiata a fuoco in noi e nel nostro apostolato di evangelizzazione della cultura”. 

Questo si manifesta, tra le altre cose ad esempio, nella nostra marcata devozione eucaristica e intensa vita di orazione; nell’importanza che diamo alla celebrazione della Santa Messa e al modo riverente di celebrarla, così come anche nella nostra dedicazione ad adorare il Santissimo Sacramento “per un’ora giornaliera, e l’Adorazione Perpetua in ogni Provincia e distributivamente in ogni Casa” – convinti che “una pausa di vera adorazione ha maggior valore e frutto spirituale della più intensa attività, fosse pure la stessa attività apostolica”–; ecc.  

È, inoltre, e in maniera preponderante segno della primazia di Cristo nelle nostre vite, la formazione spirituale – che riceviamo e impartiamo – cercando di ottenere “una disciplina di vita che capti lo ‘stile’ del Nostro Signore Gesù Cristo, cioè, delle sue attitudini che, come Figlio, ha presso il Padre”. È così, perché comprendiamo che “la disciplina è l’attitudine fondamentale del discepolo e la nostra sottomissione alle sue regole ha come scopo l’incarnazione della verità – che è Cristo – nelle nostre vite”. Per questo le nostre Costituzioni dicono che per noi “essere docili alla disciplina è lasciarci reggere da Lui”. E, pertanto, cerchiamo di formarci secondo la dottrina dei grandi maestri della vita spirituale, poiché essi furono quelli che meglio servirono e imitarono Cristo e in fedeltà al Magistero della Chiesa di tutti i tempi.

Da quanto stiamo dicendo, si distacca una magnifica e bellissima caratteristica della nostra spiritualità che consiste nello sforzarci per “abbracciare la pratica delle virtù apparentemente opposte […] praticando la verità, la fedeltà, la coerenza e l’autenticità della vita, contro ogni falsità, infedeltà, simulazione e ipocrisia”. Questo si traduce nel nostro “amore alla croce, alla povertà, insieme a un grande spirito di ricreazione e di eutrapelia. Così come nella grande allegria e spirito di festa quando è festa e la serietà nella liturgia in quelle stesse feste”. 

Ancora più, questa primazia di Cristo nella nostra vita si rivela anche al momento di selezionare gli apostolati, ammesso che andiamo in quei luoghi dove c’è più necessità di operai, dove ci fosse un debito maggiore, dove c’è stata una peggior semina, dove non ci siano altri che si occupino dell’apostolato, o dove i fedeli abbiano una maggiore urgenza di missionari, ecc.. E così, marciamo, allegri nella speranza – nonostante vengano a tagliarci la testa – a predicare il Vangelo nei “luoghi più difficili (quelli dove nessuno vuole andare)”, “anche nelle situazioni più difficili e nelle condizioni più avverse”. Perché il nostro modo di procedere è quello del Verbo Incarnato, che da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.  

E siamo convinti che se vogliamo essere “come un’altra incarnazione del Verbo” non possiamo fare a meno di essere totalmente di Maria Santissima. “Per questo la nostra spiritualità vuole caratterizzarsi, in modo speciale, col professare un quarto voto di schiavitù mariana, secondo lo spirito di San Luigi Maria Grignion da Montfort, in modo che tutta la nostra vita sia marianizzata”. Per noi “consacrarci a Gesù per Maria è seguire il cammino che seguì Lui per venire al mondo, che continua ad usare e che userà”, pertanto, da Lei speriamo di “ottenere il suo aiuto imprescindibile per estendere l’Incarnazione in tutte le cose”, cominciando a riprodurla in noi stessi cristificando tutta la nostra vita e la nostra attività, poiché “se siamo religiosi è per imitare il Verbo Incarnato casto, povero, obbediente e figlio di Maria”.

E questo mi porta a sviluppare il secondo punto di questa lettera. 

2. Il nostro stile particolare di apostolato

Il nostro Direttorio di Evangelizzazione della Cultura ci fa notare che: “volendo indicare qualche caratteristica dei nostri apostolati, in quanto si connettono al carisma ed al fine specifico dei nostri Istituti, forse la prima cosa che risalta è la loro estensione e varietà. E questo è conforme al nostro fine specifico di evangelizzare la cultura: poiché tutto ciò che è autenticamente umano – la tecnica, l’arte, la vita intellettuale e morale, la contemplazione delle cose divine – fa parte della cultura, e pertanto può e deve essere evangelizzato, giacché ‘nessuna attività umana è estranea al Vangelo’. L’evangelizzazione della cultura consiste nel ‘prolungare l’Incarnazione in ogni uomo, in tutto l’uomo, e in tutte le manifestazioni dell’uomo’, così che il Vangelo arrivi a permeare l’intera attività umana. Dunque, tutto ciò che riguarda l’uomo – sia nel corpo sia nell’anima, sia nella vita individuale sia in quella sociale – può e deve essere purificato ed elevato per opera della grazia di Cristo. Perciò possiamo affermare che ogni genere di attività apostolica è conforme al nostro fine specifico – sia pure secondo una scala gerarchica”.

Già nell’anno 2007 i Padri Capitolari enfatizzavano con gran forza che “è cosa propriamente nostra l’aver riproposto opere che sono anche di altre congregazioni, come gli Esercizi Spirituali, gli oratori, le missioni, ecc.” E aggiungevano: “Nel nostro apostolato non c’è nulla che sia strettamente nuovo, ma facciamo quello che è stato sempre fatto. Tuttavia ciò che è propriamente nostro è la focalizzazione sul mistero dell’Incarnazione: così come il Verbo, all’assumere la natura umana, si unì in certo modo a ogni uomo, così anche noi vogliamo fare in modo che, nella nostra vita e nei nostri apostolati, nessuna opera di apostolato ci sia aliena, proprio perché nulla di quello che è autenticamente umano ci è alieno. Infatti, ciò che non è assunto non è redento, come dice Sant’Ireneo. E non solo, ci deve essere qualcosa che ci caratterizzi rispetto al modo proprio di fare le opere di apostolato. In questo senso, si può dire che, nel carisma come in tutte le cose, ci sono elementi materiali e formali. Quelli materiali includono le opere di apostolato, che hanno una finalità propria, ma che non sono il carisma. L’elemento formale, invece, è il modo proprio, lo stile proprio come noi li portiamo avanti”.

Questo modo proprio, nel suo aspetto formale, comporta in sé certe attitudini interiori che sono distintive del nostro modo di procedere. Tra le molte che il diritto proprio menziona, vorrei sottolineare principalissimamente che “ogni attività apostolica deve essere animata dall’unione con Cristo. […] Per questo, tutta la vita religiosa deve essere colma di spirito apostolico; e tutta l’azione apostolica informata di spirito religioso”. “Senza mai dimenticare che la pastorale cattolica autentica non può prescindere da una profonda vita spirituale, da una solida formazione dottrinale e da una disciplina vera”. 

Per questo sosteniamo che il nostro primo apostolato come religiosi – sia che siamo apostolici o contemplativi – consiste primariamente nel dare testimonianza fedele e allegra come consacrati, stando nel mondo senza essere del mondo. Come religiosi questo è il nostro compito apostolico principale e “deve restare come il primario su tutte le attività che si possano realizzare”. 

“Solo se si dà tale testimonianza”, ci ricorda il diritto proprio, “sarà efficace l’apostolato che si realizza, anche in ordine alla vita del proprio Istituto; poiché gli uomini e le donne, particolarmente i giovani, saranno soprannaturalmente attratti a seguire tale stile di vita solamente per la gloria della Croce, sapienza e forza di Dio, e per l’esempio di una vita coerente e conforme a ciò che si è”.

Per questo con gran abilità i Padri Capitolari nell’ultimo Capitolo Generale parlando degli Apostolati Propri – come è il caso della cura di una parrocchia – segnalavano quanto importante risulti “portare una seria vita spirituale e una vita comunitaria di qualità […] Perché all’operare segue l’essere. Prima è la vita consacrata, e da lì sgorgano gli apostolati”. 

Quante volte noi stessi abbiamo potuto comprovare con grande soddisfazione che la gente e il resto del clero, sa che siamo sacerdoti dell’IVE. Tale riconoscimento dimostra di buon grado che si sta dando testimonianza di uno stile di vita singolare, cioè, d’accordo al carisma, che ci distingue dal resto. 

E quanta allegria si ha quando “la gente considera i sacerdoti come una comunità religiosa, e lo esprime in diverse maniere (trattandoli – per così dire – come un gruppo familiare, invitandoli tutti a casa o a partecipare alle attività, rispettando i momenti comunitari, ecc.), perché quello che si vive è segno di ciò che è. E quando è così, questo spirito di famiglia si estende alle diverse realtà e gruppi che fanno parte della comunità parrocchiale”. Mettendo in evidenza un altro degli aspetti importanti del nostro modo di procedere: che è quello di lavorare in comunione fraterna e in fraterna collaborazione. Cioè, “portando avanti gli apostolati non in modo personale ma in fraterna collaborazione, essendo questo l’unico modo realmente efficace”. Poiché per “l’opera dell’evangelizzazione della cultura non sono sufficienti gli sforzi individuali o di una generazione, ma si rende necessario un grande movimento che vada crescendo in estensione e profondità”.  

Infine, anche se non di minor importanza, risalta come attitudine caratteristica del nostro modo di procedere il farlo “con generosità, discernimento e serietà”, “con competenza”, puntualizza il Direttorio di Evangelizzazione della Cultura. Pertanto, risulta di capitale importanza, prepararsi per la missione, per non cadere nelle improvvisazioni, nelle meschinità, o in errori, che frustrano e sono a detrimento dell’opera apostolica. Il nostro modo di procedere ci chiede di vivere permanentemente in un’attitudine sacerdotale di “terzo binario”, senza diminuzioni né retrazioni, senza riserve né condizioni, senza sotterfugi né dilazioni, senza ripieghi né lentezze.

Avendo detto questo, vorrei sviluppare allora l’aspetto materiale del nostro stile proprio di fare apostolato che sono precisamente gli apostolati propri.

Le nostre Costituzioni dicono: “L’Istituto del Verbo Incarnato assumerà gli apostolati più adatti all’inculturazione del Vangelo”.  E ancora, “Tutto ciò che ci conduca a vedere Cristo formato negli uomini sarà per noi oggetto di massima attenzione e azione apostolica”. In questo senso come apostolati propri: “ci dedichiamo alla predicazione degli Esercizi Spirituali, alla direzione spirituale, alla formazione sacerdotale nei seminari, all’educazione a tutti i livelli, alla formazione di dirigenti laici, ai mezzi di comunicazione sociale, cura di parrocchie, all’oratorio, al ministero della confessione, alle missioni popolari, ecc., alla pratica concreta delle opere di carità, alla cura del Secondo e Terz’Ordine, volendo prolungare Cristo ‘nella famiglia, nell’educazione, nei mezzi di comunicazione, negli uomini di pensiero e in ogni altra legittima manifestazione della vita dell’uomo’”. Vorrei sottolineare ancora una volta che il diritto proprio menziona come “indispensabile” la pastorale vocazionale. 

I campi preferenziali d’azione apostolica del nostro Istituto secondo il diritto proprio sono:

a) Nella sua dimensione spirituale:  

Gli Esercizi Spirituali: Da qui che i nostri in tutto il mondo, in lungo e in largo, si dedicano alla predicazione degli Esercizi Spirituali “in base al metodo e allo spirito di Sant’Ignazio”. A tal punto che non ‘è nessun mese dell’anno in cui qualcuno dei nostri non stia predicando Esercizi in qualche parte del mondo. Perché se la trasformazione del mondo si realizza “da dentro” – per mezzo della santificazione individuale delle anime sotto l’influenza della grazia – sicuramente uno degli strumenti di eccezionale efficacia e influsso per portare avanti questo proposito sono gli Esercizi Spirituali, perché puntano essenzialmente alla conversione. 

Di fatto, “la predicazione degli Esercizi Spirituali ignaziani nelle nostre parrocchie è una caratteristica propria dell’Istituto, poiché detti Esercizi potenziano la vita parrocchiale per mezzo del rafforzamento della vita spirituale dei fedeli.” E così, sono noti e lodevoli gli sforzi che in tutte le parti i nostri religiosi realizzano per predicare Esercizi nella lingua propria del luogo e con i debiti adattamenti, servendosi molte volte dell’aiuto delle Suore Serve del Signore e della Vergine di Matará e dei laici, perché comprendono l’importanza degli stessi e che non si può perdere l’occasione di predicarli. È un elemento distintivo nostro essere sempre disponibili a predicarli – anche se fosse a uno soltanto – e a promuoverli con tutti i mezzi.

La direzione spirituale: Dalla nostra nozione di paternità nasce la distaccata importanza data a questo apostolato. A tal punto che il diritto proprio sottolinea la “priorità apostolica e la disponibilità” per l’esercizio della stessa che deve caratterizzare i nostri sacerdoti, sia con i propri fratelli nella vita religiosa, sia con qualsiasi anima consacrata, sia con la gente della parrocchia o del luogo di missione. Da ciò ne deriva che i nostri sacerdoti siano conosciuti per la pratica pastorale assidua della confessione e della direzione spirituale. E la gente sa che in tutte le parti dove ci sono i sacerdoti della nostra Famiglia Religiosa, potrà sempre trovare un “padre spirituale”.

b) Nella sua dimensione intellettuale:

La formazione sacerdotale nei Seminari: Perché “le condizioni religiose e morali dei popoli dipendono in gran parte dal sacerdote”, e allo stesso modo “l’auspicato rinnovamento di tutta la Chiesa dipende in gran parte dal ministero sacerdotale” è un nostro affanno denotato il dedicare i nostri migliori sforzi e preoccupazioni alla formazione dei seminaristi sia quando siano dell’Istituto, che quando appartengano ad altri Seminari dove stiamo lavorando. Infatti, sono circa 100 i sacerdoti dell’Istituto dedicati a un così qualificato apostolato, come formatori o professori, distribuiti sia nei nostri sei seminari e la Casa di Formazione monastica di El Pueyo, come in altri Seminari e Università che non sono dell’Istituto, dove stanno collaborando, in luoghi molto diversi come Argentina, Italia, Perù, USA, Ucraina, Filippine, Spagna, Papua Nuova Guinea o Medio Oriente. E questo per la priorità che diamo alla formazione dei sacerdoti. 

L’apostolato universitario: Perché “siamo coscienti che la grande battaglia del nostro tempo è intellettuale, dato che consiste nell’eliminare l’errore, principalmente del peccato contro la luce, dell’ateismo militante, del liberalismo a oltranza, delle ideologie, di tutte le idolatrie e, in ultima istanza, dell’ignoranza di Dio” e perché siamo convinti che affinché “il Vangelo possa incarnarsi nel cuore delle culture, è ‘essenziale” la presenza della Chiesa nel mondo delle università, cioè nel mondo del pensiero e della ricerca in tutti i loro ambiti.”, per tutto questo, la pastorale universitaria è uno dei mezzi più importanti per raggiungere il nostro fine specifico. Allora, mentre alcuni dei nostri marciano ai confini del mondo per predicare il Vangelo altri si impegnano a “essere solleciti nell’attenzione agli studenti universitari – non solo delle università cattoliche, ma anche di quelle non cattoliche –, offrendo ‘in permanenza alla gioventù universitaria un’assistenza spirituale e intellettuale’”. E proprio per questo, come bene osservavano i Padri Capitolari del 2016, è una necessità urgente il “rilancio” del Centro di Alti Studi “San Bruno Vescovo di Segni”, che si distacchi per la sua “eccellenza accademica per la sua linea dottrinale e il suo riconosciuto livello, in tal maniera; che il Centro di Studi sia un fuoco di diffusione scientifica della verità e un polo di attrazione per molti studenti”. “L’importanza di questo progetto è definitivamente prioritaria per tutto l’Istituto”. Dobbiamo dedicare ad esso le nostre migliori forze e sforzi in ragione dello stesso carisma.

Anche, oggigiorno e con gran frutto, i nostri portano avanti le Giornate per Universitari in varie parti del mondo “con l’obiettivo di prepararli anche per esercitare cristianamente le distinte professioni e favorire ambienti in cui i giovani si appoggino e allietino nella fede, e possano resistere agli attacchi della ‘cultura della morte’ e del relativismo culturale regnante, specialmente in ambienti universitari”. Quanto desideriamo che questo apostolato che già si realizza in varie delle nostre Province Religiose si estenda a tutte! E benché siano umili e piccoli gl’inizi auguriamo che Dio li faccia fruttificare se con generosità metteremo tutto da parte nostra.

La pastorale giovanile e la formazione di dirigenti laici: Perché lo stesso Cristo invitò i giovani a seguirlo e il Magistero ci insegna che “i laici, si trovano nella linea più avanzata della vita della Chiesa; poiché per essi la Chiesa è il principio vitale della società umana”, per questo cerchiamo di formare “i laici in modo che questi ‘trattino le cose temporali e le ordinino secondo Dio’”. 

Perciò con gran forza ed entusiasmo ci dedichiamo a promuovere e organizzare le Giornate dei Giovani, le Giornate delle Famiglie, gli oratori, i campeggi e l’apostolato educativo a qualsiasi livello. E lo facciamo in modo tale che tutti ricevano un’educazione cristiana integrale e che sia accessibile a tutti; non come qualcosa di sporadico o intermittente, piuttosto è una nostra nota distintiva il voler avere sempre nelle nostre parrocchie giovani, bambini e laici, per dar loro “un’attenzione spirituale più regolare e una formazione più completa e solida”, creando spazi per essi in maniera che partecipino attivamente alla missione e abbiano incidenza diretta sulla società.    

Infatti, l’educazione cristiana dei bambini e dei giovani a tutti i livelli diventa per noi un obiettivo privilegiato della nostra azione evangelizzatrice; che vogliamo ottenere continuando il modello di oratorio di San Giovanni Bosco – come un’autentica istituzione educativa –, nella quale i bambini e i giovani ricevano una formazione integrale che faccia di essi “buoni cristiani e onorati cittadini”. 

Chiunque dei nostri religiosi che lavori nella pastorale scolare deve avere sempre molto presente che la nostra “nota distintiva”, è “di aiutare gli adolescenti affinché, nello sviluppo della propria personalità, crescano, al tempo stesso, secondo quella nuova creatura che essi sono diventati mediante il Battesimo, e di coordinare infine l’insieme della cultura umana con il messaggio della salvezza, sicché la conoscenza del mondo, della vita, dell’uomo, che gli alunni via via acquistano, sia illuminata dalla fede. In tal modo, essi educano i propri alunni ‘a promuovere efficacemente il bene della città terrena’ e… ‘al servizio per la diffusione del regno di Dio’”.

Nei cuori di ognuno dei nostri missionari deve sempre essere latente l’imperioso desiderio per l’oratorio “che molti, moltissimi bambini e giovani lo frequentino e lo amino; vorremmo anche che un’opera come questa si moltiplicasse e potesse abbondare dove già esiste o sorgere dove ancora non c’è, insieme ad ogni parrocchia”.  

Gli apostolati del Terzo Ordine, dei volontari e dei distinti movimenti giovanili (come il CIDEPROF, Voci del Verbo, e tanti altri) continuano ad essere per noi di capitale importanza. Perché è qualcosa propriamente nostra “essere promotori del laicato” e il cercare sempre di fare il possibile per associare tante anime alla causa di Cristo affinché “tutti i fedeli cristiani laici possano agire in modo apostolico secondo il loro carisma e disposizioni”. Per questo, qualunque sia la nostra impresa apostolica vogliamo sempre “generare fedeli capaci di far germinare il seme del Vangelo nell’ambiente dove vivono” in modo tale che, per la loro partecipazione al servizio di amore della Chiesa, si convertano in testimoni di Dio per fare il bene agli uomini gratuitamente, per la solidità della loro dottrina e la profonda vita di pietà, per la loro docilità al Magistero e ai pastori della Chiesa.

c) Nella sua dimensione pastorale popolare: 

Le nostre Costituzioni dicono che “si darà preferenza all’aiuto alle parrocchie – preferibilmente nelle zone più bisognose – tramite la predicazione (nei tridui, nelle novene, nelle feste patronali) e all’amministrazione del sacramento della Riconciliazione”. L’attenzione delle parrocchie ha una grande importanza nell’apostolato del nostro Istituto, perché precisamente sono le parrocchie l’ambito speciale e privilegiato per l’esercizio di molti dei nostri apostolati specifici. 

Giacché una “parrocchia affidata ai religiosi in un certo senso passa ad essere parrocchia religiosa per quanto in tale parrocchia l’Istituto esprime il carisma proprio e l’apostolato proprio, anche nella sottomissione al vescovo”. Il diritto proprio sottolinea certe caratteristiche che ‘marcano’ la parrocchia come dell’IVE

Così per esempio si menzionano come caratteristiche delle nostre parrocchie la predicazione di Esercizi Spirituali – che abbiamo menzionato precedentemente –; “la massima disponibilità dei sacerdoti per la confessione”;  la solennità della celebrazione eucaristica – come centro della vita parrocchiale– e in maniera tale che i fedeli vi partecipino ogni volta più coscientemente, attivamente e fruttuosamente; la predicazione integra e ben fondata sulla dottrina di Cristo tra le altre cose si sottolinea la “liturgia domenicale con un’omelia preparata coscientemente” – perché fa parte di noi essere “amanti della liturgia cattolica”–; il promuovere “il culto dell’Eucaristia per mezzo dell’esposizione Eucaristica affinché sia adorata dai fedeli”; la formazione catechetica; la dedicazione alla direzione spirituale dei fedeli; la dedicazione dei nostri sacerdoti all’assistenza degli infermi della propria parrocchia; l’oratorio estivo, così come la preparazione attenta e la piena apertura che sempre dobbiamo cercare di dare ai “momenti forti” della pastorale parrocchiale perché siano approfittati al massimo “in modo che nel ciclo dell’anno liturgico si vada approfondendo ogni volva come maggior perfezione il mistero che è Cristo”. 

Essere “essenzialmente mariani”, la devozione alla Vergine non può essere assente in una parrocchia dell’IVE. Piuttosto, dobbiamo infonderla, aumentarla e propagarla con serietà tra i nostri fedeli, specialmente “invitando e preparando le anime alla consacrazione speciale e totale alla Vergine”. In modo tale che la marcata devozione al Verbo Incarnato presente nell’Eucaristia e alla Madre di Dio siano i pilastri fondamentali di una parrocchia dell’IVE. 

Poiché lo stesso Verbo Incarnato ci ha comandato: Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni in tutto il mondo, “investiamo tutte le nostre forze ad inculturare il Vangelo” e ci dedichiamo con impeto alla predicazione delle missioni popolari in tutte le loro forme come uno dei mezzi più validi, efficaci e sempre attuali per raggiungere questo fine specifico rimanendo sempre “aperti a tutte le particelle di verità ovunque si trovino”. Perciò abbiamo come punto di riferimento costante e fonte di ispirazione i metodi e modelli proposti dai santi che considerarono al massimo il valore delle missioni popolari: Ignazio di Loyola, Filippo Neri, Vincenzo de’ Paoli, Alfonso Maria de’ Liguori, San Paolo della Croce, Luigi Maria Grigno di Montfort, Gaspare del Bufalo, Francesco di Sales, Giovanni Battista Vianney, Massimiliano Kolbe. 

Visto che “l’esercizio della carità nella Chiesa non è qualcosa accidentale, ma fa parte della sua essenza”, fa parte di noi essere “servizievoli con il prossimo, solidali con ogni bisognoso”. Da ciò, le opere di misericordia “sono nel cuore dell’Istituto”. Anzi di più, consideriamo che “la preoccupazione di praticare le opere di misericordia corporali e spirituali deve essere costante in ogni religioso, cercando come realizzarle nella propria missione, che nuove opere intraprendere, a che nuovi flagelli e povertà Dio ci chiede di rispondere. Ci sono oggi molte nuove forme di povertà, come la mancanza di senso, la solitudine, l’estrema povertà nelle grandi città, ecc.”. Nella loro realizzazione ci guidiamo attraverso i modelli proposti da Don Orione, San Giuseppe Benedetto Cottolengo, ecc. 

Qualunque sia l’opera di misericordia, è segno distintivo del “nostro modo di farle” l’avere come pietra basica la fiducia nella Divina Provvidenza, evitando di cadere nella tentazione che corrompe tante istituzioni cattoliche con una falsa necessità di sicurezze materiali, perché il nostro è un essere “abbandonati alla Provvidenza”. Ricordando che il nostro modo richiede non solo di amare i poveri con un amore preferenziale, ma anche cercarli e non solo dare ai poveri, ma anche dare sé stessi.

Poiché “nell’attuale guerra planetaria contro la famiglia, la dedicazione alla pastorale familiare è di primaria importanza, perché la famiglia è la cellula basica della società ed è legata intimamente con l’insegnamento e l’applicazione della dottrina sociale della Chiesa e del magistero più recente” la pastorale familiare e l’urgente necessità di formare gli uomini è sempre vigente e imperativa. Di fatto, entrambe gli apostolati furono enfaticamente proposti nell’ultimo Capitolo. Incoraggio ogni iniziativa conforme a questo proposito. 

La promozione delle vocazioni, l’attenzione spirituale e il lavoro comune con le Suore Serve del Signore e della Vergine di Matará, continuano ad essere i nostri apostolati preferenziali ai quali si devono dedicare qualitativamente il tempo e le energie necessarie.

Inoltre, come non poteva essere in altro modo, è intrinseco al nostro modo di procedere, la nostra sottomissione, comunione e il nostro amore ai Vescovi, e tra essi principalmente al Vescovo di Roma. Perché “la fedeltà promessa a Cristo non può mai essere disgiunta dalla fedeltà alla Chiesa”. La nostra non è solo obbedienza al Papa e ai Vescovi in unione con lui, ma anche fedeltà, sottomissione filiale, adesione e disponibilità al servizio della Chiesa universale.

Per quanto detto anteriormente il nostro modo specifico di santificazione e apostolato reclama una formazione integrale che ci prepari a qualsiasi ufficio nel quale possiamo ricapitolare in Cristo tutte le cose. Cosicché fermi nei principi della fede e nel Magistero della Chiesa, questa formazione, ci renda perspicaci per uno zelo apostolico ci renda sempre disponibili per le anime, per rispondere alle nuove e urgenti opportunità di “annunciare e testimoniare” la Buona Nuova di Cristo con lealtà al mistero del Verbo Incarnato. Tutto questo con “contagiosa e pura allegria, nella pace imperturbabile anche nelle più difficili lotte”, e un gran impeto missionario “non delimitati da alcun orizzonte”, “fino ad arrivare all’eroismo della dedizione senza riserve”. 

“Per questo, a immagine della Chiesa, la nostra piccola famiglia religiosa non deve essere mai ripiegata su sé stessa, ma deve essere aperta come le braccia di Cristo nella Croce, che nell’aprirle così tanto per amore, le aveva slogate.”.

*     * *     *

Cari Tutti: Vorrei concludere con questa esortazione del Decreto Perfectae Caritatis: “Gli istituti mantengano e svolgano fedelmente le opere proprie e, tenendo presente l’utilità della Chiesa universale e delle diocesi, adattino le opere stesse alle necessità dei tempi e dei luoghi, adoperando i mezzi opportuni e anche nuovi… Si deve assolutamente conservare negli istituti religiosi lo spirito missionario, e, secondo la natura propria di ciascuno, adattarlo alle condizioni odierne in modo che sia resa più efficace la predicazione del Vangelo a tutte le genti”.

Continuiamo a mettere tutti i mezzi per realizzare con grande spirito di consegna il compito che Dio nella sua infinita misericordia ci ha affidato. È mia intenzione che questa lettera costituisca semplicemente un ricordo e un incentivo per tutti “del nostro”, del “nostro stile particolare di santificazione e apostolato”, affinché sia esercitato in qualsiasi luogo dove ci troviamo con maggior vigore ed entusiasmo. Siamo sempre fedeli alla missione e al carisma che ci è stato lasciato, in obbedienza alla Chiesa.

Non ci scoraggiamo mai dinanzi alle difficoltà, piuttosto cerchiamo di rispondere ogni volta meglio alle esigenze dei tempi e che il nostro apporto allo sforzo evangelizzatore della Chiesa germogli armonicamente dalla stessa fedeltà al nostro amato Istituto; che sia marcato con lo stile proprio di un vero religioso del Verbo Incarnato. 

Diamo il tutto per tutto! E siamo sicuri che, se agiamo in piena fedeltà a Cristo e al carisma ricevuto, Dio ci benedirà con una generosa fioritura di vocazioni. 

Che la Madre del Verbo Incarnato, che fu la prima che stette strettamente associata all’opera della redenzione, sia sempre la nostra guida e il nostro modello. Come Maria che stette totalmente consacrata alla Persona del suo Figlio e al servizio della redenzione, anche noi e le anime a noi affidate apprendiamo a non voler “né Gesù senza la Croce, né la Croce senza Gesù”. 

Oggi e sempre siamo fedeli al nostro modo di procedere e di amare Dio e gli uomini, che non è altro che il modo di procedere del Cuore del Verbo Incarnato. 

In Gesù Cristo e la sua Santissima Madre, 

P. Gustavo Nieto, IVE

Superiore Generale

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