Roma, Italia, 1 ottobre 2018.
Santa Teresa di Gesù Bambino, Dottore della Chiesa e Patrona delle missioni
Lettera Circolare 27/2018
“Servitori della Verità”
Direttorio di Missioni Ad Gentes
Cari Padri, Fratelli, Seminaristi e Novizi,
Il Venerabile Arcivescovo Fulton Sheen scriveva: “La cosa più difficile da trovare nel mondo di oggi è una controversia. La ragione è che sono pochi quelli che pensano. Naturalmente ce ne sono alcuni, ma tuttavia sono pochi quelli che dibattono. Ci sono pregiudizi e sentimenti in abbondanza, poiché queste cose nascono da entusiasmi senza il dolore del lavoro. Il pensare, al contrario, è un’attività difficile; è il lavoro più difficile che l’uomo possa fare -forse è per questo che così pochi si dedicano ad esso-. Dispositivi elettronici che risparmiano all’uomo nella sua ingenuità il pensare competono con i dispositivi che gli risparmiano il lavoro. Frasi così dolci come ‘la vita è più grande della logica’ o ‘il progresso è lo spirito di questa era’, risuonano intorno a noi come dei treni espressi che portano coloro che sono troppo pigri per pensare da soli”.
Chi potrebbe negare che queste parole scritte all’inizio del XX secolo si confermino nel secolo presente? Infatti, non vediamo forse crescere esponenzialmente il numero di uomini e donne, giovani e bambini, vittime della tecnocrazia impegnata a sostituire “la lettura (che fa pensare) con la ‘civilizzazione’ dell’immagine, con questo ripetersi stupidizzante di immagini che ammette il ‘dialogo’ in un solo senso”?
Rendiamoci conto che questo produce uomini e donne incolti -anche se ‘armati della tecnica più sviluppata’-, che corrono dietro a novità pericolose per la loro stessa inutilità e riempiono la loro mente di chimere, abituandoli al falso e all’irreale; conducendoli infine all’allontanamento da Dio, rendendoli a loro volta capaci della distruzione di tutto il mondo della cultura.
Per questo diceva un autore: “‘una cultura dell’immagine, sostitutiva del libro…assassina la parola ed il pensiero’ condannando i bambini (e i futuri uomini) all’ ‘infantilismo cronico, che è ciò a cui mira la civilizzazione del benessere e della tecnica, l’anticultura. Il pensiero è mediazione, la parola è logos: l’immagine immediata dispensa dalla fatica della riflessione e della mediazione, dallo sforzo della ‘parola propria’, che è sempre creativa perché è rivelatrice dell’essere, mentre non lo è il ‘termine esatto’ che è il linguaggio della scienza. Una pura cultura dell’immagine è, veramente, la morte del pensiero, che, in realtà, è il sogno del sonno in cui è caduto l’uomo moderno”.
Specialmente in questo modo, “Dio rimane escluso dalla cultura e dalla vita pubblica, e la fede in Lui diventa più difficile, anche perché viviamo in un mondo che si presenta quasi sempre come opera nostra, nel quale, per così dire, Dio non compare più direttamente, sembra divenuto superfluo anzi estraneo”. Ci sono anche alcuni che sostengono che il tempo delle certezze è irrimediabilmente passato e che l’uomo dovrebbe imparare a vivere in una prospettiva di totale mancanza di senso, caratterizzata da ciò che è provvisorio e fugace.
Perciò il Beato Paolo VI già nel discorso di apertura della seconda sessione del Concilio Vaticano II affermava: “Lo sguardo sul mondo si riempie di immensa tristezza per tanti mali: l’ateismo invade parte dell’umanità e trae dietro a sé lo squilibrio dell’ordine intellettuale, morale e sociale di cui il mondo perde la vera nozione. Mentre la luce della scienza delle cose cresce, si diffonde l’oscurità della scienza di Dio e di conseguenza anche della vera scienza dell’uomo. Mentre il progresso perfeziona mirabilmente gli strumenti di ogni genere di cui l’uomo dispone, il suo cuore declina verso il vuoto, la tristezza, la disperazione”.
Tuttavia, anche oggi il mondo è pieno di uomini e donne che cercano la verità, che con Sant’Agostino possono dire: “Tu ci hai fatti per Te, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te”. Poiché ogni uomo ha l’obbligo morale di cercare la verità, specialmente in ciò che si riferisce a Dio e alla Chiesa, e di aderire ad essa una volta conosciuta, come ha ben ricordato il Concilio Vaticano II. E della verità la Chiesa è la principale serva e maestra, seguendo il desiderio del suo Signore, che vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità. Pertanto, l’uomo che cerca la verità e il cristiano di oggi che esige chiarezza e certezza devono essere compresi, amati ed aiutati e dobbiamo saper vedere in questo l’opportunità affinchè “dall’impressionante fenomeno della secolarizzazione deve sorgere il fenomeno della “maturazione” della fede, e cioè della personalizzazione, mediante l’indagine e l’individuale persuasione”.
Per questo la nostra Santa Madre Chiesa chiede ai suoi figli di pensare e di pensare limpidamente e rettamente per “raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell’umanità, che sono in contrasto con la Parola di Dio e col disegno della salvezza”.
Noi, a causa della realtà concreta del nostro meraviglioso carisma che ci spinge a “lavorare in piena docilità allo Spirito Santo e nell’impronta di Maria, al fine di impadronirsi per Gesù Cristo di tutto ciò che è autenticamente umano […] per prolungare Cristo nelle famiglie, nell’educazione, nei mezzi di comunicazione, negli uomini di pensiero e in ogni altra legittima manifestazione della vita dell’uomo”, dobbiamo rispondere positivamente con una pastorale della cultura incisiva e a grande raggio all’interno della quale l’elemento metafisico si pone come il cammino obbligatorio per superare la situazione di crisi che affetta l’uomo moderno e per correggere così alcuni comportamenti erronei diffusi nella nostra società.
Fare questo non è altro che partecipare alla lotta spirituale della Chiesa ed impegnarci effettivamente al servizio della verità. Perciò l’urgenza e l’imperiosa necessità di riavviare il Centro di Alti Studi della Famiglia Religiosa –come pertinentemente sottolineavano i Padri Capitolari nell’ultimo Capitolo Generale- affinché “sia un fuoco di diffusione scientifica della verità e un polo di attrazione” per le innumerevoli anime assetate di verità; dove il maggiore e principale impegno sia l’insegnare a pensare, per poter così illuminare.
Come abbiamo già ricordato, è volontà santissima di Dio che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità e questo è proprio il motivo per il quale il Verbo Incarnato ci ha scelti e ci ha inviati ad evangelizzare. Pertanto, non possiamo comprendere la nostra vocazione missionaria se non come un essere “servitori della verità”, che equivale a dire: servitori di Colui che disse: Io sono la Verità. In effetti, all’ufficio sublime di “cercare sempre la gloria di Dio, fine ultimo di tutto l’universo; in modo particolare, nella ricerca, investigazione, proclamazione e celebrazione della verità” ci siamo solennemente compromessi nella nostra professione religiosa quando abbiamo detto che vogliamo che “tutti gli uomini scoprano l’attrattivo e la nostalgia della bellezza divina”.
E così, volendo essere uomini di Dio, che appartengono a Dio e fanno pensare a Dio è nostro ardente desiderio che la verità si incarni nella nostra vita, poiché la verità è Cristo e siamo convinti che è configurandoci con Lui che aiutiamo alla configurazione cristiana del mondo. Infatti, non si predica mai meglio ed in modo più convincente il Vangelo che quando lo proclamiamo con la santità di vita.
Perciò voglio dedicare queste pagine a sviluppare due elementi costitutivi della nostra intima condizione di “servitori della verità”, ossia: a) la fedeltà alla verità e b) la necessità di preparazione e di convinzione nel servizio della verità. Poichè, in effetti, la forza e l’incisività del nostro sforzo evangelizzatore risiede allo stesso tempo nella verità che si annuncia e nella convinzione della testimonianza con cui si propone.
1. La fedeltà alla verità
Annunciare il Vangelo, che risponde all’esigenza fondamentale dell’uomo, è una grazia, un dono di Dio e non una nostra invenzione. Per questo è vitale la nostra adesione piena e la nostra docilità “massima, totale e illimitata” allo Spirito di Verità, dato che, come affermiamo nelle prime pagine delle nostre Costituzioni, “il nostro povero alito solo sarà fecondo ed irresistibile se sarà in comunicazione con il vento di Pentecoste”.
Perciò noi, impegnati nel grande compito dell’evangelizzazione delle culture, dobbiamo ricercare e mettere al primo posto la fedeltà alla verità e l’ardore della missione, nella trasparenza della testimonianza e nella forza soprannaturale della santità.
La nostra fedeltà si trova all’interno del mistero della Chiesa nella quale Gesù è presente e operante per la salvezza del mondo. Egli ci ha chiamati ad essere suoi ministri, ci ha consacrati in modo particolare e ci invia a predicare. Pertanto, questa fedeltà implica “necessariamente allontanare da sé lo spirito del mondo: Lo Spirito di verità… il mondo non lo può accogliere perché non lo vede né lo conosce”; richiede da parte nostra il “lasciarci dominare dallo Spirito Santo” purificando le passioni e praticando la virtù; richiede, inoltre, che siamo “aperti ad ogni particella di verità ovunque si trovi” -perché, come diceva Sant’Ambrogio: “nessuno può dire qualcosa di vero se non è mosso dallo Spirito Santo, che è Spirito di Verità”- ed infine, esige soprattutto di orientare la nostra opera evangelizzatrice, quasi per istinto soprannaturale, secondo la bussola del senso della Chiesa, fatto di comunione autentica con il suo magistero e di unità con i suoi pastori (giacché non si può capire la nostra opera evangelizzatrice se non è “d’accordo con gli insegnamenti del Magistero della Chiesa” che è “un’istituzione voluta positivamente da Cristo come elemento costitutivo della Chiesa”). Essere fedeli alla verità, quindi, significa “accogliere pienamente quanto Gesù ha rivelato e quanto la Chiesa insegna in modo autentico mediante coloro che sono incaricati della funzione magisteriale in mezzo al mondo”.
È in questo senso che il diritto proprio ci avverte paternamente riguardo alla necessità di guardarsi dalla costante tentazione di ‘essere alla moda’ e di cercare il consenso dell’opinione comune, così come anche di vigilare contro la tentazione dell’“affanno di novità”, specialmente nella nostra opera educativa e formativa in qualunque delle sue forme. Anzi, a noi viene chiesto di coltivare la disposizione permanente di obbedienza alla verità. Poiché, “poco e niente interessa a noi di estenderci per molti paesi o di avere numerosi membri, se perdiamo lo spirito. Solo alla Chiesa Cattolica, nella persona di Pietro e dei suoi successori è promessa l’infallibilità e l’indefettibilità. Non perderemo lo spirito mentre saremo fedeli ad Essa e se si osservano la volontà e le intenzioni del fondatore in tutto ciò che costituisce il patrimonio dell’Istituto”.
Detto in altre parole, la fedeltà alla verità che è Cristo non si può separare dalla fedeltà alla sua Chiesa, né dalla fedeltà alla verità su Gesù Cristo, poiché la retta fede nel Verbo Incarnato è la pietra angolare sulla quale si poggia tutto il dinamismo della missione. Non si può separare nemmeno dalla fedeltà al carisma, dono di Dio per il quale Dio stesso ci ha riuniti nell’Istituto per “amare e servire e far amare e far servire Gesù Cristo: il suo Corpo e il suo Spirito”.
Quindi per noi, questa fedeltà alla verità si traduce in amore alla verità, soprattutto con “lo scrupolo dell’ortodossia”, come diceva Giovanni Paolo Magno, “ascoltando avidamente il maestro che parla nell’intimo, e restando uniti strettamente alla Chiesa, Madre di salvezza”, e, allo stesso modo, essendo perfetti nell’unità intorno al carisma del nostro caro Istituto perché il mondo possa sapere e convincersi che veramente Dio lo ama.
San Giovanni Bosco nell’omelia di congedo dei primi missionari che inviava in Argentina, diceva: “i sacramenti, i vangeli che predicarono Gesù Cristo e i suoi apostoli e i successori di San Pietro fino ai giorni nostri, devono essere esattamente, la religione e i sacramenti che fervorosamente amate e praticate, e che unicamente ed esclusivamente predicate, sia che siate tra i selvaggi, che in mezzo a popoli civilizzati”.
Aderendo pienamente a tutto ciò, i nostri missionari consumano tutte le loro energie dedicandosi all’evangelizzazione in 41 differenti paesi, in realtà culturali certamente molto diverse. Di fatto, ovunque si trovino, si impegnano a predicare solo la parola di verità, scritta nel Libro Sacro, celebrata e trasmessa nella Tradizione viva della Chiesa ed interpretata autenticamente dal suo Magistero. Poiché siamo convinti, ed è sempre stata la nostra esperienza, che solo la buona novella di Cristo arricchisce le culture, comunicando ai valori legittimi che già possiedono la “pienezza del Cristo”. Infatti è Cristo che, mediante la grazia, sana ed eleva la natura umana; e così l’uomo e le sue culture “tendono” alla loro pienezza in Gesù Cristo. Per questo non temiamo di affermare che la forza e la gioia del nostro caro Istituto si trovano nella verità e il nostro ideale si trova nell’annuncio e testimonianza di essa: L’amore di Cristo ci spinge.
In questo senso devo dire che ci inorgogliscono gli sforzi che fanno i nostri missionari per eliminare ogni disorientamento nei fedeli, seminando il “buon grano” della verità di Cristo, in modo tale che chiunque ascolta i nostri può sentirsi confermato nella verità, confortato nell’amore di Cristo e della sua Chiesa, felice di essere in pellegrinaggio verso il Cielo. In particolare, è un grande incentivo la grande forza che sta assumendo in varie Provincie l’apostolato che cerca di formare i giovani universitari: finalmente! Che questa scintilla arda in ogni angolo delle nostre missioni e che possiamo formare una legione di giovani innamorati della Verità.
Poiché sempre sarà certo che ciò che è proprio di noi non è offrire soluzioni tecniche, bensì proclamare la “verità su Dio, verità sull’uomo e sul suo destino misterioso, verità sul mondo”. Essendo creativi e prolifici nel cercare i mezzi che ci permettano una testimonianza esplicita, chiara, inequivoca, giustificata e predicata della verità. Dato che non può esistere un’autentica evangelizzazione senza che si proponga tutta la verità su Gesù Cristo, sulla Chiesa e sull’uomo. Non esiste un’autentica salvezza e libertà senza la logica del Vangelo, proclamato e vissuto nella sua integrità. È per questo che il Verbo Incarnato stesso ci ha detto: Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi.
“Verità difficile che ricerchiamo nella Parola di Dio ma di cui non siamo, lo ripetiamo, né padroni né arbitri, ma i depositari, gli araldi, i servitori”. Verità che cerchiamo di seminare pazientemente, senza che ciò significhi tacere di fronte all’errore, una tolleranza passiva, una convivenza timida ed inerte, un cedere all’equivoco e all’ambiguità. Questa pazienza significa, bensì, l’accettazione dei disegni della Provvidenza, che rispetta i tempi e i modi di maturazione di ogni persona e dei popoli ai quali Dio ci ha inviati per evangelizzare. Pazienza che ci spinge anche a lasciare da parte la rabbia, le demoralizzazioni, le stanchezze e le frustrazioni, per comprometterci sempre generosamente nel compimento della propria missione con instancabile impegno, anche quando i mezzi siano scarsi e gli ostacoli molti, ma sempre con coerenza e prontezza.
Lontano da noi l’atteggiamento di coloro che “sacrificano la verità e la propria coscienza, con la pretesa di mantenere una pace falsa, senza contrariare l’amico, evitando problemi, o, in certe occasioni, ricavandone vantaggi con il silenzio o con l’applauso” poiché riducono, evitano o non predicano integralmente il messaggio di Cristo, Vero Dio e Vero Uomo. Anzi, ciò che è proprio di noi, è essere predicatori perseveranti della Verità che salva, anche a costo di rinunce e sacrifici, per non vendere né dissimulare mai la verità per il desiderio di piacere agli uomini, di causare stupore, né per originalità o desiderio di apparire.
Un vero membro dell’Istituto non deve servirsi della Parola di Dio per realizzare i suoi progetti personali, e neppure – con presupposta buona intenzione – per far sì che una situazione cambi, dal suo personale punto di vista, “non rifiuta mai la verità; non oscura la verità rivelata per la pigrizia nel cercarla, per comodità, per paura; non smette di studiarla, bensì la serve generosamente senza dominarla”. Poiché in definitiva, l’essere “servitori della verità” significa un’offerta personale alla Verità predicata, un’offerta che alla fine mira a Dio solo.
Per questo motivo sono assolutamente necessarie una seria preparazione intellettuale ed un’intensa spiritualità, che assicurino la perseveranza nei propri impegni sacerdotali e religiosi e diano la forza necessaria per annunciare e dare testimonianza senza timore della Verità che non passa e che salva l’umanità. Ciò ci introduce quindi al secondo punto di questa lettera.
2. La necessità di preparazione e di convinzione
Le nostre Costituzioni indicano esplicitamente come necessaria “l’educazione per amare la verità […] che si deve realizzare per mezzo di una formazione intellettuale ampia, ordinata alla verità e che non si conformi col conoscere soltanto le opinioni dei teologi. […] Che dia tempo alla teoria, all’ozio intellettuale, alla disputa sincera che è una ricerca comune della verità. Che nelle lezioni si insegni e si impari”.
A sua volta, il resto del diritto proprio con numerose espressioni e in vari dei suoi documenti ci esorta “ad arrivare ad avere una specie di ‘venerazione amorosa della verità’”; a che la verità “si incarni nella nostra vita”; ad essere sicuri della verità per essere quindi capaci di mettere in gioco la propria vita e di avere la forza per interpellare la vita degli altri e non solo ad essere fermamente convinti della verità, bensì ad insegnare con convinzione, dimostrando con il nostro agire che Gesù Cristo è nostro contemporaneo.
Anche i Padri Capitolari, conformemente a ciò che è stabilito dal diritto proprio, sottolineano l’importanza dell’esigenza di una formazione dottrinale solida per i nostri membri data la gravità dell’opera evangelizzatrice e l’imperiosa necessità di un discernimento che escluda ogni superficialità nei giudizi, e l’assumere o il lasciarsi trascinare da diversi pregiudizi. Esplicitavano allo stesso modo, che “un retto discernimento poggia su solidi fondamenti dottrinali, soprattutto in ciò che si riferisce ad una sana antropologia filosofica e teologica, e su fermi fondamenti nella morale. […] Un serio discernimento richiede anche una conoscenza profonda degli elementi che formano una determinata cultura (la conoscenza della lingua è solo un primo passo, indispensabile, certamente), e richiede solidità e profondità nella scienza della Filosofia perenne, per poter così incorporare tutto ciò che è buono delle diverse culture nella sintesi aperta della verità”.
Da tutto ciò, si deduce che per ogni membro dell’Istituto la formazione intellettuale è un’esigenza fondamentale nell’opera dell’evangelizzazione. La quale richiede un impegno intellettuale prolungato e profondo, senza dubbio austero, ma a lungo andare efficace; impegno sostenuto ed animato dalla fede e che conduce ad un progresso nella fede, poiché, come insegna l’Aquinate: “Non è ozioso chi si applica unicamente alla parola di Dio: e chi lavora materialmente non fa di più di chi si consacra allo studio della verità”.
In questo senso, risulta di grande valore per la nostra missione, il decisivo apostolato di coloro che lavorano nel Progetto Culturale “Cornelio Fabro”, così come anche lo sforzo di vari dei nostri membri che, in mezzo a diverse esigenze pastorali e per un migliore servizio della verità, si sforzano per ottenere un titolo accademico di livello superiore. Allo stesso modo si distacca l’apostolato silenzioso e nascosto, dedicato principalmente alla diffusione della verità attraverso la pubblicazione di libri, saggi, articoli, ecc. oltre alla nuova edizione e/o traduzione di opere già pubblicate. “Non si insisterà mai sufficientemente in questo, poiché è un apostolato qualificato all’interno di ciò che è qualificato”.
E sebbene in altre occasioni abbiamo già parlato dell’importanza della nostra formazione intellettuale sottolineando specialmente il tomismo vivo o essenziale non vorrei tralasciare di menzionare che esso rappresenta la più lucida risposta al problema dell’ateismo a cui ci riferivamo all’inizio. E questo è così perché è la filosofia dell’essere a permettere “l’apertura piena e globale verso tutta la realtà, oltrepassando ogni limite fino a raggiungere Colui che a tutto dona compimento”. È nella filosofia perenne di San Tommaso, fondata sulla realtà oggettiva delle cose, che “l’intelligenza…può arrivare a ciò che È” e ciò porta con sé questa “certezza della verità” che ci è tanto necessaria al momento di trasmetterla.
A questo punto conviene ricordare il sapiente insegnamento del Magistero della Chiesa: il “rimedio all’ateismo, lo si deve attendere sia dall’esposizione adeguata della dottrina della Chiesa, sia dalla purezza della vita di essa e dei suoi membri”.
Date le circostanze attuali si fa particolarmente evidente la necessità che la gente abbia una coscienza ben formata, capace di unire la fermezza dei principi con la coerenza delle azioni e la carità nelle relazioni. Perciò è imprescindibile che noi stessi ci occupiamo con serietà e con costanza della nostra formazione intellettuale.
“Non basta arrestarci -diceva San Giovanni Paolo II- a ciò che abbiamo un tempo imparato in seminario, anche nel caso che si sia trattato di studi a livello universitario… Questo processo di formazione intellettuale deve protrarsi per tutta la vita… Come maestri della verità e della morale, noi dobbiamo rendere conto agli uomini, in modo convincente ed efficace, della speranza che ci vivifica. E ciò fa anche parte del processo della conversione quotidiana all’amore mediante la verità”. In effetti, ci viene chiaramente ordinato che per essere un buon servo e annunciatore della verità tra le altre cose “bisogna formarsi, imparando a pensare, a scrivere (o redattare) e a parlare (o emissione vocale)”. Inoltre, e specialmente per coloro che si trovano ancora nelle tappe di formazione iniziale, il diritto proprio segnala l’importanza della “pratica delle disputatio nelle questioni intellettuali di filosofia e teologia più controverse o di maggiore importanza” come mezzo efficace per acquisire il dovuto equilibrio ed il discernimento intellettuale necessario: questo è qualcosa che non possiamo tralasciare.
Il diritto proprio dice anche: “mediante tutto ciò che fate e, soprattutto, mediante tutto ciò che siete, sia proclamata e riconfermata la verità che Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei”. Enfatizzando l’importanza primordiale della testimonianza nella missione: Tenete una condotta esemplare fra i pagani perché, mentre vi calunniano come malfattori, al vedere le vostre buone opere diano gloria a Dio nel giorno della sua visita.
Pertanto, l’essere “servitori della verità” comporta anche da parte nostra un intrepido impegno nel lavoro per la nostra santificazione. Poiché “l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri…, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni”.
Infatti è attraverso la nostra testimonianza senza parole che gli uomini -cristiani e non cristiani- vedendoci si chiedono: perché sono così? Perché vivono in tal modo? Che cosa o chi li ispira? Perché sono in mezzo a noi? Ebbene, una tale testimonianza è già una proclamazione silenziosa, ma molto forte ed efficace della verità.
Quindi, “ogni religioso dell’Istituto del Verbo Incarnato che deve applicarsi al servizio della verità, cioè, alla conoscenza della verità e alla sua trasmissione, al di là del luogo concreto in cui svolge il suo apostolato, è chiamato alla pratica di certe virtù che gli sono indispensabili essendo stato chiamato da Dio a questa forma di vita e di apostolato, propria della nostra Famiglia Religiosa”. “Ognuno che cerca Dio [la verità]” diceva San Tommaso, “deve camminare sulla via della virtù e della contemplazione, ascesi necessaria per educare l’intelligenza e purificare le passioni, con fedeltà, obbedienza e ‘secondo il sentire della Chiesa’”.
Il Direttorio cita in particolare otto virtù, a parte l’“amore alla verità” che deve primeggiare come condizione sine qua non per il servizio di questa. Tali virtù sono:
– Coerenza con la verità: cioè adattare la vita alla verità conosciuta. Senza questa congruenza tra ciò che si vive e ciò che si conosce (ossia, portare fino alle ultime conseguenze -nella propria condotta- le verità che si professano), lo studio genera farisei che legano pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito .
– Umiltà: poiché senza umiltà lo studio genera superbi e, peggio ancora, superbi intellettuali, pedanti, soddisfatti di se stessi e disprezzatori del prossimo.
– Disinteresse: si deve cercare la verità non perché sia utile, ma per ciò che essa è e vale in sè: per la sua bellezza intrinseca, perché è rivelatrice del mistero dell’essere, riflesso del Creatore, via che conduce a Dio. Quando la verità si cerca per interesse, la si subordina ad un’altra cosa, e questa cosa determinerà “quanto di verità si dica” e “quanto di verità si nasconda”.
– Docilità e fedeltà: innanzitutto allo Spirito Santo, alla rivelazione, al Magistero di Pietro, all’essere delle cose.
– Fortezza: ossia, la tenacità che fa che lo studioso non sia preda della pigrizia, dello scoraggiamento, dell’abulia. È la qualità che corona con il successo le imprese cominciate.
– Temperanza: La castità negli affetti, pensieri ed opere (verso se stesso e verso gli altri) è una condizione essenziale per acquisire, conservare e perseverare nella ricerca della verità. La lussuria e la sensualità corrompono l’intelligenza e spingono a tradire la verità e addirittura la fede.
– Studiosità: Si oppongono alla studiosità tanto coloro che trascurano lo studio che esigono i loro doveri di stato e di professione, quanto coloro che si dedicano solo allo studio che soddisfa i loro desideri. I curiosi sprecano le loro facoltà reali.
– Spirito di preghiera: La vera vita intellettuale si sostiene con lo spirito di preghiera che deve, non solo precedere e concludere il lavoro intellettuale, ma anche accompagnarlo, riempirlo, e in qualche modo, costituirlo: il lavoro stesso, specialmente quando si riferisce alla ricerca teologica, è preghiera.
Infine, dobbiamo ricordare che la migliore testimonianza che come missionari possiamo dare a servizio della verità è “il dono della vita, fino ad accettare la morte per testimoniare la fede in Gesù Cristo e l’amore al prossimo. ‘I martiri’ cioè i testimoni, sono numerosi e indispensabili al cammino del Vangelo. Anche nella nostra epoca ce ne sono tanti: vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, laici, a volte eroi sconosciuti che danno la vita per testimoniare la fede. Sono essi gli annunziatori ed i testimoni per eccellenza.””. Poiché, come dice Sant’Agostino, “i santi… (sono) i denti della Chiesa che strappano gli uomini dai diversi errori”.
Per questo motivo il diritto proprio, splendidamente e chiaramente, ci indica il martirio come la via sublime nel servizio della verità, dicendo: “Il sacerdote non deve essere tributario per la sua ordinazione e per il suo ministero. Deve trasmettere la verità di Dio anche a prezzo del suo sangue. Deve trasmettere la santità di Dio accettando di essere un segno di contraddizione. Deve trasmettere la volontà di Dio fino a dare la vita per le sue pecorelle”.
Ciò significa che “l’incarico dell’annuncio e la chiamata alla sofferenza per Cristo vanno inscindibilmente insieme. […] In un mondo in cui la menzogna è potente, la verità si paga con la sofferenza. Chi vuole schivare la sofferenza, tenerla lontana da sé […] non può essere servitore della verità”.
Voglia Dio, un giorno, degnarsi di darci la grazia di poter essere come San Tommaso Moro, martire, che per non tradire la verità sull’altare dell’opinione pubblica per mero opportunismo politico, preferì morire per difenderla. Dopo la sua morte trovarono scritto sul margine della sua Liturgia delle Ore, la seguente preghiera che egli stesso scrisse dopo aver saputo che sarebbe stato condannato a morte; preghiera che anche noi possiamo fare nostra: “Dammi la tua grazia, Signore, di considerare un nulla il mondo; di mantenere la mia mente fermamente fissa in Te e di non dipendere dalle parole della bocca degli uomini; di pensare allegramente a Dio e pietosamente chiedere il suo aiuto; di appoggiarmi alla fortezza di Dio e di lavorare affannosamente per amarlo; […] di essere contento nelle tribolazioni […]; e di pensare che i miei nemici sono i miei migliori amici, poiché i fratelli di Giuseppe non gli avrebbero potuto fare un maggior bene con il loro amore e il loro favore, di quello che gli fecero con la loro malizia e il loro odio. Queste verità devono essere desiderate da tutti gli uomini più di tutti i tesori dei principi e dei re, cristiani e pagani, riuniti e posti tutti in una volta sotto i nostri piedi. Amen.”.
Ricordiamo sempre che sebbene sia grande il male nel mondo, il trionfo è di Dio e di coloro che sono di Dio.
Chiediamo la grazia di essere come quegli ‘apostoli degli ultimi tempi’ dei quali parla San Luigi Maria Grignion de Montfort quando dice che sono: “Nubi tonanti e vaganti nello spazio al minimo soffio dello Spirito Santo. [Che] senza attaccarsi a nulla né stupirsi di nulla, né mettersi in pena per nulla, spanderanno la pioggia della parola di Dio e della vita eterna, tuoneranno contro il peccato, grideranno contro il mondo, colpiranno il diavolo e i suoi seguaci, […] insegnando la via stretta di Dio nella pura verità, secondo il santo Vangelo, e non secondo i canoni del mondo […] senza risparmiare, seguire o temere alcun mortale, per potente che sia”.
Infine, cari tutti, il nostro servizio pastorale ci richiede di custodire difendere e comunicare la verità senza tirarsi indietro davanti al sacrificio. Il Dio della verità aspetta da noi che siamo suoi difensori vigilanti e predicatori devoti. Non dimentichiamo che proporre la verità di Cristo e del suo regno è per noi un dovere ed il sublime compito al quale siamo stati chiamati come annunciatori del Verbo.
Che Santa Teresa di Gesù Bambino, Dottore della Chiesa e Patrona delle Missioni, interceda per noi presso lo Spirito di Verità affinché anche noi ci possiamo distinguere nella scienza delle cose soprannaturali ed indicare agli altri il cammino sicuro della salvezza.
Alla nostra Madre Santissima, la Vergine Maria, chiediamo la grazia che, cercando la verità, essendo indomiti proclamatori della Verità, arriviamo alla cima della santità. Che dalla mano di questa Buona Madre non accettiamo nulla come verità che sia privo di amore. E non accettiamo nulla come amore che sia privo di verità. Poiché come bene insegnava Santa Edith Stein, l’uno senza l’altra diventa una menzogna distruttiva.
Evviva la missione! Un grande abbraccio a tutti.
Nel Verbo Incarnato e la sua Santissima Madre,
P. Gustavo Nieto, IVE
Superiore Generale