Cristo Re

Cristo Re
“Per costruire il Regno chiamava gli uomini per farli discepoli” (Direttorio di Spiritualità, 118).
Cari Padri, Fratelli, Seminaristi e Novizi:
La prossima domenica, il 24 di questo mese, l’ultima dell’anno liturgico, celebreremo la solennità di Gesù Cristo, Re dell’universo, una festa di istituzione relativamente recente che diede subito alla nostra Santa Madre Chiesa i suoi martiri: uomini, donne, sacerdoti, religiose, giovani e bambini che morivano al grido di “Viva Cristo Re!”.
Noi, che per la Provvidenza misericordiosa di Dio, siamo stati riuniti nel nostro caro Istituto per consacrarci a Lui, il che vale a dire consacrarci alla Chiesa, comprendiamo che “la fedeltà a Cristo non è mai lecito che sia sganciata dalla fedeltà alla Chiesa”[1] dato che la nostra fedeltà è stata, è, e sempre sarà “il dare la propria opera alla edificazione del Corpo Mistico di Cristo secondo il piano di Dio”[2] e secondo ciò che ci è stato dato dallo Spirito, per mezzo del fondatore[3].
Essendo quindi l’amore alla Chiesa -dove “Cristo stesso è Incarnato”[4]– l’origine delle Costituzioni e di tutti i Direttori della nostra Famiglia Religiosa, i quali dichiarano espressamente il nostro impegno di sottomissione all’autorità ecclesiale,[5] ho voluto in questa lettera trattare brevemente due punti: 1) il regno di Cristo nella sua Chiesa; e 2) la nostra missione di essere segni luminosi delle realtà del Regno.
Voglio dedicare questa lettera a tutti Voi, membri dell’Istituto -sacerdoti, fratelli, monaci, seminaristi e novizi- amici e fratelli miei, che in 42 paesi diversi e in circostanze di missione non poche volte impegnative e estreme, siete testimoni di un regno che non è di questo mondo. Poiché noi, membri dell’Istituto del Verbo Incarnato, apparteniamo alla famiglia di coloro che -per il Regno dei Cieli[6]– hanno abbandonato ogni cosa, per testimoniare a tutti che: la scena di questo mondo passa[7]. Il cielo e la terra passeranno, la parola di Dio non passa[8].
- Il regno di Cristo nella sua Chiesa
“Il Signore è Re di tutta l’umanità in senso stretto, letterale e proprio, poiché ricevette dal Padre la potestà, il potere e il regno[9], per questo è Re dei re e Signore dei signori[10]”[11]. Con queste parole il nostro diritto proprio inizia a parlare della regalità di Cristo.
Tale affermazione irrita molti, che innalzando la bandiera del liberalismo, giustificano in nome della libertà qualsiasi peccato, e anche quei falsi profeti del marxismo che esaltano l’uomo per l’uomo a costo dei diritti imprescindibili e inalienabili di Dio.
Questi tali si comportano come coloro dei quali P. Leonardo Castellani, SJ diceva: “Sono uomini che non conoscono la perversità profonda del cuore umano, la necessità di una redenzione, e in fondo, il dominio universale di Dio su tutte le cose, come Principio e come Fine di tutte queste, anche delle società umane. Essi sono quelli che dicono: ‘Bisogna lasciare liberi tutti’, senza vedere che chi lascia libero un malfattore è complice del malfattore. ‘Bisogna rispettare tutte le opinioni’, senza vedere che colui che rispetta le opinioni false è un falsario. ‘La religione è una questione privata’, senza vedere che, essendo l’uomo naturalmente sociale, se la religione non ha nulla a che vedere con il sociale, allora non serve a niente, neanche per il privato”[12].
Contro tale errore, la Chiesa non esita ad affermare che “il fondamento di questo regno è quadruplo:
- In primo luogo, gli compete per essere Dio, il Verbo Incarnato, e così dice San Cirillo d’Alessandria: ‘Cristo ottiene il dominio di tutte le creature, non per la forza né per nessun’altra ragione, ma per la sua essenza stessa e per natura’[13];
- in secondo luogo, gli compete in virtù della Redenzione, per diritto di conquista, all’averci comprati con il suo sangue: Non a prezzo di cose corruttibili come l’argento e l’oro, foste liberati… ma con il sangue prezioso di Cristo[14];
- in terzo luogo, per essere Capo della Chiesa, per la pienezza di grazia: pieno di grazia e verità[15];
- in quarto luogo, per diritto di eredità: che ha costituito erede di tutte le cose[16].
La sua autorità regale comprende la pienezza del triplice potere: legislativo, giudiziale ed esecutivo”[17].
Tuttavia, dobbiamo dire che, sebbene Egli debba regnare in ogni ambito, sia privato che sociale, il suo Regno non è di questo mondo[18], ma è un Regno eterno: il suo regno non avrà fine[19], ed è universale: gli è stato dato ogni potere in cielo e in terra[20]; regno di verità e di vita, di santità e di grazia, di giustizia, di amore e di pace[21]. Pertanto, “non è come i regni temporali, che si conquistano e si conservano con la menzogna e la violenza; e in ogni caso, anche quando sono legittimi e retti, hanno fini temporali e sono coperti e limitati dall’inevitabile imperfezione umana”[22].
Rendiamoci conto che “il tempo moderno -come afferma Papa Benedetto XVI- ha sviluppato la speranza dell’instaurazione di un mondo perfetto che, grazie alle conoscenze della scienza e ad una politica scientificamente fondata, sembra esser diventata realizzabile. Così la speranza biblica del regno di Dio è stata rimpiazzata dalla speranza del regno dell’uomo, dalla speranza di un mondo migliore che sarebbe il vero ‘Regno di Dio’”[23].
Per questo, San Giovanni Paolo II, citando il suo predecessore Giovanni Paolo I, ci avvertiva riguardo al “non confondere il Regnum Dei con il regnum hominis, come se la liberazione politica, sociale ed economica coincidesse con la salvezza in Gesù Cristo”[24], che è proprio ciò che fanno coloro che identificano il regno di Cristo con una città secolare dove la teologia e la pietà diventano inutili super ego o ideologie[25]; o come coloro che aspettano il regno della ragione completamente separata dalla fede, come la nuova condizione affinché l’umanità arrivi ad essere totalmente libera[26].
Come diceva il Ven. Arcivescovo Fulton Sheen: “[Cristo] è un Re che fallì agli occhi del mondo per ottenere la vittoria eterna agli occhi di Dio”[27]. Pertanto, Cristo è “Re di verità, di pace e di amore, il suo Regno procedente dalla Grazia regna invisibilmente nei cuori, ed esso dura più degli imperi. Il suo Regno non viene da quaggiù, ma discende da lassù; tuttavia ciò non vuol dire che sia una mera allegoria, o un regno invisibile di spirito. Dice che non è di qui, ma non dice che non è qui, dice che non è carnale, ma non dice che non è reale. Dice che è regno di anime, ma non significa regno di fantasmi, bensì regno di uomini”[28].
Da ciò che abbiamo detto ne deriva che “l’ambito del suo potere è duplice, personale e sociale. Regna sulle intelligenze perché è la Verità ‘ed è necessario che gli uomini ricevano con obbedienza la verità da Lui’[29]; regna sulle volontà perché è la Bontà ‘in modo che ci infiamma per le cose più nobili’[30]; e regna sui cuori perché è l’Amore. E regna anche socialmente, poiché ‘non c’è differenza tra gli individui ed il consorzio civile, perché gli individui, uniti in società, non per questo sono meno sotto la potestà di Cristo, di quanto lo sia ognuno separatamente. È Lui la fonte della salute privata e pubblica’[31]”[32].
Quindi, “non è indifferente accettarlo o no, ed è molto pericoloso ribellarsi contro di Lui”[33]. E per questo bisogna rigettare “la funesta dottrina che pretende di costruire la società senza tenere alcun conto della religione…”[34], come fanno coloro che predicano “le due grandi menzogne di questo mondo”.
Una dice: “Uomo, tu sei libero; non ti sottomettere. Tu sei re; non obbedire. Tu sei bello; godi; tutto è tuo. Popolo sovrano, non devi essere governato da nessuno, bensì governare te stesso. Re della creazione, la scienza e il progresso mettono nelle tue mani tutta la terra. Animale eretto e bianco, il tuo corpo è bello, non lo nascondere. Il tuo corpo è la fonte e la coppa di un mondo di piaceri: bevili. Il denaro è la chiave di questo mondo: procuratelo. Gli onori, le dignità, il mondo, sono un banchetto degli dei; la fama è l’ideale delle anime grandi; la scienza è l’aristocrazia dell’anima. A combattere! A reclamare la tua parte! A trionfare! A buttare fuori gli altri! Se sei povero: assalta i ricchi! Se sei ricco: spremi la plebe!”[35].
Perciò, “non vi è dubbio che un ‘Regno di Dio’ realizzato senza Dio -un regno quindi dell’uomo solo- si risolve inevitabilmente nella ‘fine perversa’ di tutte le cose”[36].
Per questo, la seconda grande menzogna dice: “Uomo: sei un assurdo, un enigma, una miseria. La tua nascita è sporca; la tua vita, ridicola; la tua fine è sconosciuta. Ingannato dai fantasmi delle cose belle che ti promettono la felicità, corri senza sapere dove vai, brancolando nella vita fino a fare quel gran salto dal quale nessuno torna, verso la notte dello sconosciuto. Tuo fratello, al tuo lato, è un lupo per te; il tuo superiore, sopra, è un tiranno; l’apostolo che ti predica, ti inganna e ti sfrutta. Non sai nulla di nulla, non puoi nulla contro il tuo destino. I tuoi ideali più grandi, i tuoi sogni più belli: l’amore, la religione, l’arte, la santità…. vuoi sapere che cosa sono in fondo? Sono solamente sublimazioni dell’istinto del sesso che porti nell’inconscio. La vita non vale la pena di essere vissuta”[37]. E così sradicano ogni speranza dal cuore umano.
Quello che è certo è che “poiché l’uomo rimane sempre libero e poiché la sua libertà è sempre anche fragile, non esisterà mai in questo mondo il regno del bene definitivamente consolidato. Chi promette il mondo migliore che durerebbe irrevocabilmente per sempre, fa una promessa falsa; egli ignora la libertà umana. La libertà deve sempre di nuovo essere conquistata per il bene. La libera adesione al bene non esiste mai semplicemente da sé”[38].
Così, al di là di questa confusione e delle nubi di menzogna e inganni in cui viviamo, con i cuori oppressi dalle tribolazioni del mondo e dalle proprie tribolazioni, la Chiesa Cattolica, imperituro Regno di Cristo, rimane in piedi, per dare, come il suo divino Maestro, testimonianza della Verità e per difendere questa Verità al di sopra di tutto. Al di sopra del tumulto e della polvere, con gli occhi fissi sulla Croce, ferma nella sua esperienza di venti secoli, sicura del suo avvenire profetizzato, pronta per sopportare la prova e la lotta nella speranza certa del trionfo, la Chiesa, con la sua sola presenza e con lo stesso suo silenzio, sta dicendo a tutti i “Caifa”, gli “Erode” e i “Pilato” del mondo che quella parola del suo divino Fondatore –Io sono Re– non è stata vana[39].
Cari tutti, siamo ben coscienti che molti nella Chiesa, sempre, ieri e oggi, non sono stati all’altezza di questa realtà, e che invece della verità seminano l’errore o almeno la confusione, il che è devastante. Purtroppo questo si vede anche in alcuni pastori. Nonostante ciò, noi non dobbiamo mai, per colpa di alcuni uomini nella Chiesa, dubitare della Chiesa stessa e della sua essenziale e invitta difesa della verità, come fecero i grandi uomini e i santi di tutte le epoche della bimillenaria storia della Chiesa.
Professiamo, in effetti, che il Verbo Incarnato stesso stabilì la sua Chiesa, che è il suo Corpo Mistico unito a Lui per lo Spirito Santo, quando a Cesarea di Filippo disse ad uno dei suoi apostoli: E Io ti dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del Regno dei Cieli[40]. E quando si congedava da essi ricordò loro: Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo[41]. E sebbene all’inizio fosse simile ad un granellino di senapa[42], promise alla Chiesa, con bellissime parole e chiare profezie, i più inaspettati privilegi: regnerà per sempre[43], si diffonderà in tutto il mondo[44], abbraccerà tutte le razze, chi entra in essa, sarà salvato, chi la rifiuta si perderà[45]; chi la combatterà si schiererà contro di essa; ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli[46] trasmettendo in questo modo il suo potere al Suo Corpo Mistico, tanto che i suoi precetti sono i Suoi; i suoi ordini, i Suoi.
È per questo che la nostra fiducia nella Chiesa è assolutamente indistruttibile e gli “scandali” di quei pastori che non predicano e non difendono la verità non pregiudicano le nostre convinzioni. Sappiamo anche che quel piccolo seme che fu la Chiesa nei suoi inizi è cresciuto ed è rimasto, e nulla ha potuto vincerlo, nulla ha potuto affondarlo, nulla ha potuto eliminarlo. Crocifissero il suo divino Fondatore, uccisero i suoi apostoli, uccisero migliaia dei suoi membri durante le dieci grandi persecuzioni che la aspettavano quando era appena nata; e molte volte dissero che l’avevano distrutta e i suoi nemici cantavano vittoria dicendo: “La Chiesa è finita”.
E così come in altri tempi la Chiesa era attaccata dall’esterno, al giorno d’oggi si aggiunge il fatto che “non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa. Anche questo si è sempre saputo, ma oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: che la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa…”[47].
Purtroppo molti, scusandosi con questa constatazione sull’innegabile situazione attuale nella Chiesa, profetizzano la sua fine, o dubitano, come altri Pilato, che Gesù Cristo regni, e ce ne sono altri che argomentano anche che la Chiesa è veramente opera del demonio. Ma tutti questi cadono davanti all’ineffabile promessa dell’indefettibilità della sua Sposa fatta dal suo divino Fondatore: le porte degli inferi non prevarranno contro di essa[48].
Davanti a ciò conviene aver presente l’appropriata osservazione che già nel 1950 faceva il Ven. Arcivescovo Fulton Sheen: “E che cosa ci viene a dimostrare tutto questo -si chiede- se non che il Signore si è sposato con l’umanità così come essa è, e non con quella che vorremmo che fosse? Non si è mai potuto pretendere che il Suo Corpo Mistico, la Chiesa, fosse libero da scandali quando Egli fu la prima vittima! Gesù Cristo fu di scandalo per coloro che sapevano che era Dio e videro che lo crocifiggevano e che passava per un’apparente sconfitta nel momento in cui i suoi nemici lo sfidavano a provare la sua divinità scendendo dalla croce. Per questo non deve stupire che dicesse ai suoi seguaci di non scandalizzarsi di Lui.
[…] Gesù volle soffrire fame e sete e che la morte stessa prendesse il suo corpo fisico, come, dunque, non avrebbe consentito che debolezze mistiche e morali, quali sono la perdita della fede, il peccato, le eresie, gli scismi e i sacrilegi, potessero attaccare il suo Corpo Mistico? Il fatto che succedano tutte queste cose non prova in alcun modo che la natura della Chiesa non sia intimamente divina, come neanche la crocifissione ha negato che Gesù Cristo fosse Dio. Se le nostre mani sono sporche, non si può dire per questo che lo sia anche tutto il nostro corpo. Gli scandali che si avvertono nel Corpo Mistico non possono distruggere la Sua sostanza più di quanto la crocifissione non abbia distrutto l’integrità del corpo fisico di Cristo. La profezia dell’Antico Testamento riferente al Calvario diceva che non gli sarebbe stato spezzato alcun osso. La sua carne sarebbe stata appesa quasi come uno straccio di porpora; le ferite come mute e dolorose piaghe, avrebbero annunciato la sua sofferenza con il sangue; le mani e i piedi trafitti avrebbero fatto scaturire torrenti di vita e di redenzione; però la sua ‘sostanza’, le Sue ossa, sarebbero rimaste intatte. Così succede con la Chiesa. Nessun osso le sarà spezzato; la sostanza della sua dottrina sarà sempre pura, nonostante la debolezza e fragilità di qualcuno dei suoi dottori, la sostanza della Sua disciplina sarà sempre giusta, nonostante la ribellione di qualcuno dei suoi discepoli, la sostanza della Sua fede sarà sempre divina, nonostante la carnalità di qualcuno dei suoi fedeli. Le sue ferite non saranno mai mortali perché la Sua anima è santa e immortale per l’immortalità dell’amore divino che discese sul Suo Corpo il giorno di Pentecoste in forma di lingue di fuoco.
Ed ora -continua Fulton Sheen-, per parlare di uno dei maggiori scandali, permettetemi di chiedervi: ‘Come poté essere Vicario infallibile di Cristo e capo della sua Chiesa un uomo perverso come Alessandro VI?’ La risposta è nel Vangelo. Il Signore cambiò il nome di Simone con quello di Pietro, e lo rese pietra sulla quale avrebbe costituito ciò che chiamò la Sua Chiesa. Fece quindi una distinzione che pochi avranno notato: il Signore fece una distinzione tra ‘infallibilità’ o immunità dall’errore, e ‘impeccabilità’ o immunità dal peccato. L’infallibilità è l’impossibilità di ‘insegnare’ il male; l’impeccabilità, quella di ‘fare’ il male. Il Signore rese Pietro infallibile, ma non impeccabile”[49].
“Il Papa possiede il deposito della fede, la cui custodia e sanzione infallibile gli sono state affidate. Il Papa è Gesù Cristo che insegna, è Gesù Cristo che governa la sua Chiesa. […] Il falso pastore -diceva San Pietro Giuliano Eymard- non ha la voce della Chiesa, né la sua carità e santità. Predica se stesso, lavora per sé e di solito è orgoglioso e impuro. Questi sono i segni dai quali si può sempre riconoscere un intruso, uno scismatico o un rivoltoso. È il lupo tra le pecore, dal quale si deve fuggire”[50].
Gesù Cristo, il Verbo Incarnato, il Figlio di Dio, e Re sovrano di tutto il mondo, regna nella sua Chiesa. La Chiesa è Gesù Cristo continuato[51]. E “tutta l’attività del Corpo Mistico di Cristo è diretta alla ‘diffusione del regno di Cristo su tutta la terra a gloria di Dio Padre, rendere partecipi tutti gli uomini della salvezza operata dalla redenzione, e per mezzo di essi ordinare effettivamente il mondo intero a Cristo’”[52].
Questo ora ci introduce al secondo punto che desidero trattare qui.
- La nostra missione di essere segni luminosi delle realtà del regno
“Perché è molto chiaro l’insegnamento del Verbo Incarnato: Cercate prima il Regno e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta”[53] noi, membri dell’Istituto del Verbo Incarnato, sappiamo che siamo chiamati ad incarnare nella nostra vita i valori del Regno che non è di questo mondo[54] ma che trasforma il mondo da dentro. Per questo cerchiamo di farlo con una disponibilità radicale, vivendo secondo quella forma di vita che scelse il Figlio di Dio all’incarnarsi[55], cioè una vita di servizio in castità, povertà e obbedienza, cercando così di dare testimonianza del Trascendente, e in questo modo, ricordare alla gente che esiste qualcosa di più in questo mondo di ciò che si presenta ai nostri occhi. Esiste una vocazione trascendente e spirituale, ed un destino al quale ogni persona è chiamata da Dio. Per questo ci impegniamo ad essere davanti al mondo “una traccia concreta che la Trinità lascia nella storia e così tutti gli uomini scoprano l’attrattivo e la nostalgia della bellezza divina”, come dice la nostra formula di professione citando la bella espressione del magistero di San Giovanni Paolo II[56]. Siamo persuasi che una testimonianza così si può dare solo camminando sulla via stretta della croce in compagnia di Cristo Crocifisso. È in questo senso che affermiamo che “il lavoro pastorale è croce, non motivo di fuga”[57].
Lontano da noi la tentazione di ridurre la missione alle dimensioni di un progetto semplicemente temporale; di ridurre i suoi compiti ad un disegno antropologico; la salvezza, ad un benessere materiale; il mettere enfasi nell’attività -trascurando ogni preoccupazione spirituale e religiosa- o in iniziative di ordine politico o sociale[58].
Per noi solo servire Cristo è regnare poiché il cielo e la terra passeranno, ma le sue parole non passeranno[59] giacché Egli è l’unico che ha parole di vita eterna[60]. Ancora di più, poiché confessiamo la sua regalità e primazia su tutto il creato, intendiamo che “tutto il lavoro missionario ed apostolico si fonda sulla convinzione che è necessario che Lui regni”[61]. Per questo consideriamo il più nobile degli uffici il dedicare tutte le nostre forze affinché il Regno di Cristo si stabilizzi e si consolidi nelle anime e nei popoli e si diffonda per tutto il mondo[62], sforzandoci di “prolungare l’Incarnazione in ogni uomo, in tutto l’uomo e in tutte le manifestazioni dell’uomo, d’accordo con gli insegnamenti del Magistero della Chiesa”[63].
Così, quindi, seguendo il Magistero Petrino, per noi il regno di Cristo può realizzarsi solo mediante la grazia e il potere dell’amore di Dio in noi. “La carità, solo la carità salverà il mondo”[64], diceva Don Orione. Questa “rimane la strada maestra per l’evangelizzazione”[65]. Pertanto, continua dicendo il diritto proprio, “la carità è indispensabile per evangelizzare la cultura, come fine di chi opera e come fine dell’opera, altrimenti non si raggiungerà la civiltà dell’amore’”[66], non ci sarà una riforma adeguata delle strutture della società e il nostro compito di evangelizzare sarebbe solo “una vernice superficiale”[67]. “Per questo, nella varietà degli apostolati del nostro Istituto, si deve riservare un luogo preferenziale alle opere di carità, che è una componente essenziale della missione evangelizzatrice della Chiesa e un elemento imprescindibile per l’evangelizzazione della cultura”[68]. “L’unica violenza che porta alla costruzione del Regno di Cristo è il sacrificio e il servizio che nascono dall’amore”[69], diceva San Giovanni Paolo II, e di questo siamo convinti. Ed è alla vista di tutti il fatto che i nostri missionari danno, e con l’aiuto di Dio continueranno sempre a dare, grandi prove di ciò.
“Per costruire il Regno chiamava gli uomini per farli discepoli”[70]. In questo senso, la prima caratteristica della nostra identità e la fonte più profonda del vincolo speciale che ci unisce in questo caro Istituto è la nostra consacrazione a Dio come al nostro supremo amore[71] e la diffusione del suo Regno. Questo è il nostro apostolato principale. Nulla ha senso nella nostra vita personale e comunitaria, se è separato dalla nostra condizione di persone consacrate a Cristo per mezzo della professione e della pratica dei voti religiosi. La nostra ricerca della “carità perfetta”, rappresenta per noi il cammino fondamentale e un obbligo. Poiché attraverso la pratica dei consigli evangelici noi, come membra del Corpo Mistico di Cristo, continuiamo ad indicare al mondo la via della sua trasfigurazione nel regno di Dio.
Pertanto, comprendiamo che la nostra proclamazione del Regno, che è lo stesso che evangelizzare, si porta a termine primariamente attraverso la testimonianza di vita che è “già una proclamazione silenziosa, ma molto forte ed efficace della Buona Novella”[72]. Senza questo elemento concreto, si corre il pericolo che si raffreddi la nostra carità, o che si attenui il paradosso del Vangelo che annunciamo. Detto in altre parole: “diventeremmo sale senza sapore e luce sotto il moggio”[73].
San Giovanni Paolo II ci avvertiva paternamente di questo alcuni anni fa: “Siate, perciò, la lucerna che dà luce, il sale che non perde il sapore. Quanto più è grande il vostro impegno apostolico, tanto più è grande la necessità di distinguervi chiaramente, in un mondo che è confuso per la mancanza di ideali superiori. Quanto più sarà profondo il vostro inserimento nelle realtà temporali, tanto più chiaramente dovrete apparire nelle vostre opere ciò che siete: annuncio della novità della vita in Cristo”[74].
Però è necessario anche un annuncio esplicito: bisogna saper dar ragione della nostra speranza[75]. Non c’è vera evangelizzazione se non si proclama il nome, la dottrina, la vita, le promesse, il regno, il mistero di Gesù di Nazaret, Figlio di Dio…[76]. Tuttavia questo annuncio è un aspetto[77] giacché non serve a nulla l’annuncio se gli uomini non aderiscono ad esso. “Per questo l’autentica evangelizzazione deve condurre e culminare nella degna ricezione dei sacramenti, poiché per mezzo di essi si comunica ordinariamente la grazia dello Spirito Santo”[78].
Di conseguenza, senza allontanarci dall’asse religioso che governa l’evangelizzazione -prima di ogni altra cosa il Regno di Dio nel suo senso pienamente teologico[79]-, noi riconosciamo la necessità di lavorare per l’instaurazione di un ordine sociale cristiano.
Inteso così, questo annuncio del Regno non ci allontana in assoluto dal mondo. Ma non ha nemmeno nulla a che vedere con il nostro stile di santificazione e di apostolato il cercare un compromesso con il mondo. Poiché per noi lo “stare nel mondo” ha senso solo quando dipende dal “non essere del mondo”[80]. In effetti, segnala il diritto proprio, “che ogni antitestimonianza, ogni incoerenza tra come si esprimono i valori o ideali, e come si vivono di fatto, ogni ricerca di se stesso e non del Regno di Dio e della sua giustizia[81], ogni falsificazione della parola di Dio[82]” attenta contro questo dovere di essere segni luminosi del regno di Cristo. “Se un segno diventa sfumato, perde la sua ragion d’essere, disorienta e confonde”[83]. Quanto bisogno ha questo mondo che cammina così confuso per mancanza di ideali superiori, di religiosi che lascino vedere nelle loro azioni ciò che sono: ambasciatori di Cristo[84], collaboratori del regno di Dio[85]!
La Chiesa, e noi all’interno di essa, abbiamo “come missione proclamare il regno di Dio non è un concetto, una dottrina, un programma soggetto a libera elaborazione, ma è innanzi tutto una persona che ha il volto e il nome di Gesù di Nazareth, immagine del Dio invisibile’”[86].
Ancora di più: allo stesso modo in cui il Verbo Incarnato andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando la buona novella del regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo[87], noi abbiamo scelto di diffondere il Regno di Cristo fino alle regioni più lontane[88] per poter dire con il salmista: Il Signore regna; sorregge il mondo perché non vacilli; giudica le nazioni con rettitudine[89]. Di conseguenza, il Regno è l’azione efficace, ma misteriosa, che Dio porta a termine nell’universo e nello scorrere delle vicende umane. Vince le resistenze del male con pazienza, non con prepotenza o in modo clamoroso.
E sebbene è certo che Gesù paragonò il Regno a quel piccolo seme che un uomo getta sulla terra, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa[90], noi non siamo testimoni inerti dello sviluppo di questo regno, bensì cooperatori attivi. “Gesù ci invita a ‘cercare’ attivamente ‘il Regno di Dio e la sua giustizia’ e a fare di questa ricerca la nostra preoccupazione principale[91]”[92]. E per questo vogliamo andare al mondo perché esso si converta a Cristo. E vogliamo andare alla cultura e alle culture dell’uomo, non per convertirci in esse, ma per sanarle, e assumendo da esse tutto ciò che è autenticamente umano, elevarle con la forza del Vangelo. Cioè, non per inginocchiarci davanti al mondo, ma perché il mondo si inginocchi davanti a Dio.
Non possiamo sottrarci al grande compito di cambiare il mondo “da selvatico in umano, da umano in divino, vale a dire secondo il cuore di Dio”[93]. Diceva San Giovanni Paolo II: “Non accontentatevi di questo mondo più umano. Costruite un mondo più esplicitamente divino”[94]. Dato che come saggiamente affermava San Pio X: “La civiltà del mondo è civiltà cristiana”[95].
È certo che ai laici corrisponde il trattare direttamente le cose temporali ordinandole secondo Dio[96]. Tuttavia, ogni cristiano -e specialmente noi come religiosi- dobbiamo essere l’anima della società. E questo “non perché la Chiesa cerchi più il potere o il favore dei potenti di turno che l’aiuto di Dio, che è infinitamente potente; non perché voglia il governo temporale dei popoli: ‘non toglie i regni umani chi dà il Regno dei Cieli’[97]-sebbene a volte ha dovuto fare questo in modo supplementare-; non per ottenere un mero riconoscimento formale di stato confessionale; non perché sia desiderabile che i vescovi sostituiscano i governanti; non per ottenere favori che aiutino alla sua espansione materiale; non semplicemente per evitare di avere nemici, che non sono i suoi nemici che distruggeranno la Chiesa: …non prevarranno[98]; non per convenienza e convivenza; non per tattica, ma per vocazione: Andate in tutto il mondo….[99]; non perché i popoli si subordino agli uomini della Chiesa, ma a Gesù Cristo; non per essere servita, ma per servire; non per cercare che gli ecclesiastici rinuncino al loro dovere o perché ‘regolino’ lo Stato; non per cercare regni temporali, quando Gesù Cristo ci dà quello eterno; nulla di tutto ciò, ma perché così deriva dalla realtà delle cose: per ordinamento divino, per ragioni teologiche e filosofiche, per senso comune, perché lo impone la storia e perché il contrario sarebbe un attentato contro il Verbo”[100].
“Solo penetrando ogni volta di più tutte le illimitate e insondabili virtualità del mistero di Gesù Cristo, il Verbo Incarnato, gli uomini e i popoli saranno capaci di costruire una futura civilizzazione all’altezza delle vere esigenze della natura umana e del divino volere”[101].
Non lavorare per una civilizzazione cristiana è in qualche modo un’apostasia nella fede. Per questo oggi come in altri tempi torna a risuonare quella celebre frase di Don Orione che il nostro diritto proprio fa sua e che dice: “Chi non vuol essere apostolo se ne vada dalla Congregazione: oggi, chi non è apostolo di Gesù Cristo e della Chiesa, è apostata”[102].
Noi, che ogni anno nei nostri Esercizi Spirituali meditiamo la “Chiamata del Re Eterno”, dobbiamo distinguerci ed emergere nella campagna del Regno di Dio contro le forze del male, campagna che è l’asse della storia del mondo, sapendo che il nostro Re ha già vinto ed è invincibile, che il suo Regno non avrà fine, che la manifestazione definitiva del suo trionfo nella sua seconda venuta non è lontana e che la sua ricompensa supera tutte le vanità di questo mondo, poiché quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano[103].
Tutti noi -i religiosi e i nostri laici, ognuno secondo la sua vocazione specifica- siamo chiamati ad edificare il Regno di Dio, collaborando con il Signore, che è il suo artefice primo e decisivo.
Questo è il Regno delle beatitudini evangeliche che ci propone di vivere come poveri di spirito per sollevare gli ultimi della terra dalla polvere dell’umiliazione. Dio non ha forse scelto i poveri del mondo-si chiede l’apostolo Giacomo nella sua lettera- per farli ricchi con la fede ed eredi del regno che ha promesso a quelli che lo amano?[104]. Questo è il Regno nel quale entrano coloro che sopportano con amore le sofferenze della vita: è necessario passare molte tribolazioni per entrare nel Regno di Dio[105], dove Dio stesso tergerà ogni lacrima (…) e non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno[106]. È il Regno nel quale entrano i puri di cuore che scelgono la via della giustizia, cioè, dell’adesione alla volontà di Dio, come avverte San Paolo: Non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: nè immorali, né idolatri, né adulteri, né effemminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio[107].
Perciò dobbiamo metterci nelle sue mani, confidare nella sua parola e lasciarci guidare da Lui come bambini inesperti che trovano sicurezza solo nel Padre: Chi non accoglie il Regno di Dio come un bambino -disse Gesù- non vi entrerà[108].
Con questo spirito dobbiamo fare nostra l’invocazione: Venga il tuo Regno!
Questa invocazione ci spinge a rivolgere il nostro sguardo al ritorno di Cristo ed alimenta il desiderio della venuta finale del regno di Dio. Tuttavia questo desiderio non distoglie la Chiesa dalla sua missione in questo mondo, anzi, la impegna maggiormente[109], nell’attesa di poter varcare le soglie del Regno, del quale la Chiesa è germe e inizio[110], quando giungerà alla sua pienezza. Poiché allora, come ci assicura San Pietro nella sua seconda lettera, vi sarà ampiamente aperto l’ingresso nel regno eterno del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo[111].
*****
Carissimi tutti:
“il martirio di andare contro corrente per seguire il Maestro divino”[112] non deve soffocare le nostre speranze né infonderci timore.
Cristo stesso disse: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa[113]. Se noi stiamo con Pietro, non abbiamo nulla da temere, anche se venissero tutte le potenze dell’inferno insieme, perché le porte degli inferi non prevarranno contro la Chiesa[114]. Ed è Gesù Cristo che disse agli apostoli e ai suoi successori: Chi ascolta vi ascolta Me[115]. Questa esperienza di Chiesa ci deve portare a conoscere perché è possibile la carità e l’aiuto vicendevole tra i membri della Chiesa. È possibile per Gesù Cristo, perché Egli ci dà il suo spirito, perché Egli ci insegna ad essere solidali gli uni con gli altri, perché Egli ci insegna che dobbiamo occuparci delle cose dell’anima, delle cose importanti, delle cose che non passano, delle cose che non muoiono. Purtroppo -l’abbiamo visto e lo stiamo vivendo anche oggi- sappiamo molto bene che la vita della Chiesa è anche esperienza del fatto che c’è il male anche tra gli uomini di Chiesa. Lo disse Gesù stesso: ci sarà grano e zizzania[116]. Se tutti fossimo grano, tutto il mondo sarebbe cattolico. Però c’è il grano e la zizzania, quindi, uno ha libertà. Se uno vedesse che tutti sono santi, allora sarebbe obbligato a seguire Gesù Cristo. E non è così: vediamo che nel Collegio Apostolico c’era Giuda. Grano e zizzania! E sarà così fino alla fine dei tempi, e colui che pensa un’altra cosa, è un utopico. Non esiste la Chiesa solo dei buoni. La Chiesa è santa perché il suo principio, i suoi mezzi e il suo fine sono santi. Ma la Chiesa ha nel suo seno dei peccatori, che siamo noi. E dobbiamo renderci conto anche che l’esistenza stessa e l’agire della zizzania è un beneficio per il grano, per coloro che amano Dio e per il bene dei quali Dio fa concorrere tutte le cose[117]. E giustamente, vedere il male nella Chiesa, che è una delle tentazioni più grandi che può avere il cristiano, ci deve portare ad avere più fede in Gesù Cristo, poiché Egli l’ha già profetizzato, lo disse duemila anni fa: Ci sarà grano e zizzania. E che cosa dobbiamo fare noi? Lavorare per essere grano[118].
Oggi più che mai “abbiamo bisogno delle speranze -più piccole o più grandi- che, giorno per giorno, ci mantengono in cammino. Ma senza la grande speranza, che deve superare tutto il resto, esse non bastano. Questa grande speranza può essere solo Dio, che abbraccia l’universo e che può proporci e donarci ciò che, da soli, non possiamo raggiungere. Proprio l’essere gratificato di un dono fa parte della speranza. Dio è il fondamento della speranza -non un qualsiasi dio ma quel Dio che possiede un volto umano e che ci ha amati sino alla fine: ogni singolo e l’umanità nel suo insieme. Il suo regno non è un aldilà immaginario, posto in un futuro che non arriva mai; il suo regno è presente là dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge. Solo il suo amore ci dà la possibilità di perseverare con ogni sobrietà giorno per giorno, senza perdere lo slancio della speranza, in un mondo che, per sua natura, è imperfetto. E il suo amore, allo stesso tempo, è per noi la garanzia che esiste ciò che solo vagamente intuiamo e, tuttavia, nell’intimo aspettiamo: la vita che è ‘veramente’ vita”[119].
Maria Santissima, che con il suo fiat inaugurò il regno di Gesù Cristo, sostenga i nostri sforzi per la diffusione del regno di suo Figlio nel mondo, così che un giorno avendolo seguito nella pena, lo seguiamo anche nella gloria[120]. Che Ella ci ottenga la grazia di comprendere che Il Regno di Dio… è gioia nello Spirito Santo[121] e che nelle nostre comunità si viva -anche in mezzo alle circostanze più difficili- ciò che è l’essenza del Regno che Gesù Cristo venne ad inaugurare sulla terra: Il Regno di Dio… è giustizia, gioia e pace nello Spirito Santo[122].
Voglia la Vergine Madre concederci di perseverare fino alla fine nella santa causa di suo Figlio e faccia fruttificare il nostro lavoro per ricapitolare in Lui tutte le cose[123].
Se “la grazia più grande che Dio può concedere alla nostra minuscola Famiglia Religiosa è la persecuzione…, specialmente quella che porta al martirio”[124] per la nostra adesione ferma e imperturbabile alla causa di Cristo, che è lo stesso di dire, per la nostra adesione ferma alla Chiesa istituita da Lui e alla sua missione nel mondo, fedeltà alla vita religiosa e al carisma proprio dell’Istituto, fedeltà all’uomo e al nostro tempo[125]; voglia Dio che ci trovi degni di accettare il martirio avendo sulle labbra il grido di:
Viva Cristo Re!
Nel Verbo Incarnato e la sua Santissima Madre,
P. Gustavo Nieto, IVE
[1] San Giovanni Paolo II, Lettera al Preposito Generale dei Carmelitani Scalzi (14/10/1981).
[2] Concilio Vaticano II, Perfectae Caritatis, 14. Vedere anche Costituzioni, 23; Direttorio di Vita Consacrata, 5; 22; 304; 320; ecc.
[3] Cf. CIC, c. 677, §1 e Perfectae Caritatis, 20, citato in Direttorio di Vita Consacrata, 304.
[4] Direttorio di Spiritualità, 244; op. cit. San Giovanni Paolo II, Discorso durante l’incontro di preghiera a Toronto (15/09/1984), 5.
[5] Per esempio: Costituzioni, 80; 271; Direttorio di Spiritualità, 281; 309; 312; Direttorio di Vita Consacrata, 26; ecc.
[6] Costituzioni, 254; 257.
[7] 1 Cor 7, 31.
[8] Cf. Mc 13, 31; Lc 21, 33.
[9] Dn 7, 13.
[10] Ap 19, 16.
[11] Direttorio di Spiritualità, 222.
[12] P. Leonardo Castellani, SJ, Cristo ¿vuelve o no vuelve?, pag. 150.
[13] San Cirillo d’Alessandria, In Ioh., XII, 18, 38: MG 74, 632.
[14] 1 Pt 1, 18-19.
[15] Gv 1, 14.
[16] Eb 1, 2.
[17] Cf. Direttorio di Spiritualità, 222; Pio XI, Enciclica sulla Festa della regalità di Gesù Cristo, Quas Primas (1925).
[18] Gv 18, 36.
[19] Lc 1, 33.
[20] Mt 28, 18.
[21] Messale Romano, Prefazio di Cristo Re.
[22] P. Leonardo Castellani, SJ, Cristo ¿vuelve o no vuelve?, pag. 150.
[23] Benedetto XVI, Enciclica sulla speranza cristiana Spe Salvi (30/11/2007), 30.
[24] San Giovanni Paolo II, Ai sacerdoti, religiosi e religiose a Edimburgo (31/05/1982); op. cit. Giovanni Paolo I, Udienza Generale (20/09/1978).
[25] Cf. Ven. Arc. Fulton Sheen, Those Mysterious Priests, cap. 1. [Tradotto dell’inglese]
[26] Cf. Benedetto XVI, Spe Salvi, 18.
[27] The Eternal Galilean, cap. 7. [Tradotto dell’inglese]
[28] P. Leonardo Castellani, SJ, Cristo ¿vuelve o no vuelve?, pag. 151.
[29] Pio XI, Enciclica sulla Festa della regalità di Gesù Cristo Quas Primas (1925), 4.
[30] Ibidem.
[31] Ibidem, 16.
[32] Direttorio di Spiritualità, 223.
[33] P. Leonardo Castellani, SJ, Cristo ¿vuelve o no vuelve?, pag. 151.
[34] Lumen Gentium, 36.
[35] P. Leonardo Castellani, SJ, Cristo ¿vuelve o no vuelve?, pag. 144.
[36] Benedetto XVI, Spe Salvi, 23.
[37] P. Leonardo Castellani, SJ, Cristo ¿vuelve o no vuelve?, pag. 144-145.
[38] Benedetto XVI, Spe Salvi, 24.
[39] Cf. P. Leonardo Castellani, SJ, Cristo ¿vuelve o no vuelve?, pag. 153.
[40] Mt 16, 18-19.
[41] Mt 28, 20.
[42] Cf. Mt 13, 31.
[43] Lc 1, 33.
[44] Cf. Mc 16, 15.
[45] Cf. Mt 16, 16.
[46] Cf. Mc 16, 19.
[47] Benedetto XVI, Parole ai giornalisti durante il volo verso il Portogallo (11/05/2010). Cf. http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/es/speeches/2010/may/documents/hf_ben-xvi_spe_20100511_portogallo-interview.html
[48] Mt 16, 18.
[49] The Rock Plunged into Eternity, cap. 5. [Tradotto dall’inglese]
[50] San Pietro Giuliano Eymard, Opere Eucaristiche, 3ª Serie, Direttorio degli affiliati e consigli di vita spirituale, Parte III, cap.1.
[51] Direttorio di Spiritualità, 227.
[52] Direttorio di Vita Consacrata, 243; op. cit. Apostolicam actuositatem, 2.
[53] Costituzioni, 9; op. cit. Mt 6, 33.
[54] Cf. Gv 18, 36.
[55] Direttorio di Spiritualità, 43; op. cit. Cf. Lumen Gentium, 44.
[56] San Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post sinodale sulla vita consacrata e la sua missione nella Chiesa e nel mondo Vita consecrata (25/3/1996), 20; Costituzioni, 254; 257.
[57] Costituzioni, 156.
[58] Cf. Evangelii Nuntiandi, 32.
[59] Cf. Mt 24, 35.
[60] Gv 6, 68.
[61] 1 Cor 15, 25.
[62] Cf. Direttorio di Vita Consacrata, 24.
[63] Costituzioni, 5.
[64] Costituzioni, 174; op. cit. San Luigi Orione, Saluto natalizio del 1934, citato in In cammino con Don Orione, Ed. Provincia Nostra Signora della Guardia 1974, t. I, 96.
[65] Benedetto XVI, Discorso ai vescovi, sacerdoti e fedeli laici partecipanti alla IV Assemblea Ecclesiale Nazionale Italiana, Fiera di Verona (19/10/2006) citato in Direttorio di Evangelizzazione della Cultura, 157.
[66] Costituzioni, 174.
[67] Direttorio di Evangelizzazione della Cultura, 63; 74. Cf. Evangelii Nuntiandi, 20.
[68] Direttorio di Evangelizzazione della Cultura, 157.
[69] San Giovanni Paolo II, Alle religiose a Manila (17/02/1981).
[70] Direttorio di Spiritualità, 118.
[71] Cf. Costituzioni, 23.
[72] Direttorio di Evangelizzazione della Cultura, 59; op. cit. Evangelii Nuntiandi, 21.
[73] Direttorio di Spiritualità, 65; cf. Mt 5, 13-15.
[74] Incontro con le religiose peruviane a Lima (15/5/1988), 1.
[75] 1 Pt 3, 15.
[76] Cf. Direttorio di Evangelizzazione della Cultura, 60; op. cit. Cf. Evangelii Nuntiandi, 22.
[77] Evangelii nuntiandi, 22.
[78] Direttorio di Evangelizzazione della Cultura, 62.
[79] Evangelii Nuntiandi, 32 citato in Direttorio di Evangelizzazione della Cultura, 114.
[80] Direttorio di Spiritualità, 65; cf. Gv 15, 19.
[81] Cf. Mt 6, 33.
[82] Cf. 2 Cor 4, 2.
[83] San Giovanni Paolo II, Alle consacrate a Lima (15/05/1988).
[84] 2 Cor 5, 20.
[85] Col 4, 11.
[86] Costituzioni, 163; op. cit. San Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica sulla permanente validità del mandato missionario Redemptoris Missio (07/12/1990), 18.
[87] Mt 4, 23; cf. Lc 8, 1.
[88] Cf. Direttorio di Vita Consacrata, 268.
[89] Sal 96, 10.
[90] Mc 4, 27.
[91] Cf. Mt 6, 33.
[92] San Giovanni Paolo II, Udienza Generale (06/12/2000).
[93] Pio XII, Radiomessaggio ai fedeli romani (10/2/1952).
[94] San Giovanni Paolo II, Messaggio per la Chiesa Latinoamericana, BAC 1979, pag. 19.
[95] Il Fermo Proposito (11/06/1905) – A.S.S., vol. XXXVII, p. 745 (Roma 1904, 1905).
[96] Lumen Gentium, 31.
[97] Inno della Solennità dell’Epifania.
[98] Mt 16, 18.
[99] Mc 16, 15.
[100] Cf. P. C. Buela, IVE, El Arte del Padre, Parte II, cap. unico, III, III, 9.
[101] P. C. Buela, IVE, El Arte del Padre, Epilogo.
[102] Direttorio di Spiritualità, 216; Lettere di Don Orione, Lettera del 02/08/1935, Edit. Pio XII, Mar del Plata 1952, 89.
[103] 1 Cor 2, 9; cf. P. Leonardo Castellani, SJ, Cristo ¿vuelve o no vuelve?, pag. 160.
[104] Gc 2, 5.
[105] At 14, 22; cf. 2 Ts 1, 4-5.
[106] Ap 21, 4.
[107] 1 Cor 6, 9-10; cf. 15, 50; Ef 5, 5.
[108] Lc 18, 17.
[109] Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2818.
[110] Cf. Lumen Gentium, 5.
[111] 2 Pt 1, 11.
[112] Cf. San Giovanni Paolo II, Discorso durante la veglia di preghiera a Tor Vergata (19/08/2000).
[113] Mt 16, 18.
[114] Cf. Mt 16, 18.
[115] Lc 10, 16.
[116] Mt 13, 25ss.
[117] Rom 8, 28.
[118] Cf. P. C. Buela, IVE, El Arte del Padre, Parte III, cap. 15, 8.
[119] Benedetto XVI, Spe Salvi, 31.
[120] Cf. Esercizi Spirituali, [95].
[121] Direttorio di Spiritualità, 205; op. cit. Rom 14, 17.
[122] Costituzioni, 93; op. cit. Rom 14, 17.
[123] Ef 1, 10.
[124] Direttorio di Spiritualità, 37.
[125] Cf. Direttorio di Vita Consacrata, 362; op. cit. Orientamenti sulla Formazione negli Istituti Religiosi, 18.
